| Pochi hanno le idee chiare sulla efficacia delle armi da fuoco antiche, sulla loro precisione, resistenza ed affidabilità. La cultura sul punto è affidata ai romanzi di Salgàri e Karl May, in cui ogni arma colpisce infallibilmente anche un chiodo, a qualsiasi distanza, e alla mitologia del Far West che si è letteralmente inventata tecniche di tiro, modi di portare la pistola, fondine, tiratori eccezionali fulminei ed infallibili, duelli, e tutta una mentalità pseudoeroica da fumetto assolutamente inesistenti. Il problema venne affrontato alla fine del 1700 in Francia in relazione alle armi militari. Il generale Manson (che poi avrebbe fondato la fabbrica di fucili bavarese di Amberg) incaricò il colonnello di artiglieria Monfort di effettuare esperimenti sul fucile da fanteria M 1777 con acciarino a pietra. L’esperimento venne iniziato con quattro fucili nuovi e si spararono con ciascuno più di diecimila colpi senza che si verificasse alcun cedimento delle canne. Gli esperimenti vennero sospesi nel corso della rivoluzione francese e ripresi dallo stesso Monfort qualche anno dopo nel 1805. Vennero ritrovarti persino due dei fucili usati nei primi esperimenti. Le canne risultarono ancora in buono stato; l’acciarino era un po’ usurato e si sostituì la martellina. Dopo 4.443 ulteriori colpi scoppiò la canna di uno dei due fucili, ma si accertò che il tiratore aveva inserito per sbaglio una doppia carica di polvere! Le statistiche di questo esperimento riferiscono che furono usate 159 pietre focaie e quindi una pietra ogni 28 colpi. La polvere bruciò nello scodellino per 277 volte senza riuscire ad infiammare la carica, vale a dire che fece cilecca una volta su 16. Però per ben 799 volte, e cioè una volta su sei, l’acciarino fece cilecca totale senza riuscire neppure ad accendere la polvere nello scodellino. Il consumo della martellina fu molto variabile: una superò solo 375 colpi, una 1084, una ben 2186. Il consumo di altre parti fu molto limitato: una molla del cane, uno scodellino, una vite delle ganasce, una noce e una stanghetta. La canna dovette essere lavata ogni 60-65 colpi. Perciò questo fucile aveva sparato oltre 14.000 colpi senza problemi e si ruppe solo per un errore umano; gli esperimenti con il secondo fucile vennero interrotti dopo 12.281 colpi con un consumo di 410 pietre (media 28 colpi a pietra) ma si riscontrò che una pietra sbiancata dalla luce faceva cilecca una volta su tre e che una buona pietra scura poteva reggere fino a 100 colpi. La media delle mancata accensione della carica fu una volta ogni 33 colpi e una volta su 12 l’acciarino non accese la polvere nello scodellino. La durata della martellina risultò molto variabile, da 500 a 4000 spari. Dopo 22.000 colpi ed alcune modeste riparazioni si concluse che l’arma era ancora in buono stato! Qualche anno dopo il problema venne nuovamente affrontato perché i militari si lamentavano per il numero eccessivo di spari mancati. Una commissione provò a vedere che cosa succedeva con una buona manutenzione dell’arma: cambio della pietra ogni 30 colpi, lavaggio della canna ogni 60 colpi, revisione dell’acciarino ogni 300 colpi. Risultato: una volta su 10 cilecca totale, una volta su 20 cilecca parziale. Alla fine si adottarono le modifiche per migliorare l’acciarino proposte dal col. Cotty., ma con scarsi risultati. Dai dati di arsenale dell’epoca napoleonica relativi alle parti di ricambio, si scopre che per ogni 1000 fucili si tenevano in magazzino 4 acciarini completi, 10 canne nuove, 20 baionette, 20 scodellini, 30 grilletti, 30 viti di coda, 70 copriscodellini, 80 casse, 100 viti per le ganasce, 150 cani. Si vede quindi che i danni alle canne erano relativamente rari, specie se si considera che essi erano dovuto di solito non a cedimento, ma a errore nel caricamento. Per le carabine le parti di ricambio erano la metà, per le pistole un terzo. Questo si spiega con il fatto che le pistole erano già all’epoca ben poco usate stante loro mancanza di precisione. Dice un militare dell’epoca che a 10 passi di distanza ci volevano più colpi per riuscire a colpire una persona. Pare inoltre che il principale problema nella conservazione in buono stato delle armi fosse in passato quello dell’eccesso di pulizia e lucidatura in tempo di pace che portava a render poco salde molte parti. Circa la precisione delle armi della stessa epoca disponiamo di esperimenti fatti in Prussia e ad Hannover nel 1829. I soldati sparavano contro un tavolato di legno di abete dello spessore di 2,4 cm e delle dimensioni di metri 7,5 di lunghezza e 1,83 di altezza. Sul tavolato vi era poi un bersaglio largo m 1,25 e alto m. 1,83 e i tiratori dovevano cercare di colpirlo. I risultati degli sperimenti furono i seguenti: |