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Cronache dei Fatimiti

Ultimo Aggiornamento: 23/08/2009 17:41
26/09/2008 18:16
 
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Inatteso scherzo del destino priva del suo ottimo generale un’armata che, da Bran, si era portata sotto le mura di Budapest; l’attacco è ben condotto, e due formidabili colonne di cavalieri arabi appiedati giungono simultaneamente alla piazza per diverse vie; potrebbero prevalere, ma non vi è chi sappia rianimar i prodi maggiormente provati dalla pugna; il successo è sfiorato, ma infine si è costretti ad abbandonar l’impresa.
I magiari ridono per una volta, e per altre due sono costretti al pianto; innumeri son quelli che lasciano la vita sotto le formidabili mura di Tessalonica; poi da qui si diparte Yosuf Ahmed, ed umilia quelli che credean di poter prendere Corinto.
Saladin si distingue sotto le mura della russa Vilnius; in un primo tempo tenta di prenderla per fame, non volendo sperimentare i poco fidati mercenari europei contro le sue splendide difese e la forte cavalleria d’urto che vi si annida; ma una colonna di rinforzi lo costringe a cambiar progetto.
Molla l’assedio e si lancia contro i nuovi arrivati, scagliando frontalmente lancieri e balestrieri contro lor schiera, scarsa di numero ma forte di alcuni trabucchi da cui partono mostruose scie di fiamma; a questi pensa lui personalmente, aggirando la mischia con la guardia e pochi Akinij e travolgendone i serventi; il successo è rapido e totale, ma il momento più atteso e temuto deve ancora arrivare. La guarnigione della cittadella accorre sul campo e, per quanto denutrita, ancor dispone di possenti cunei di cavalleria che tutti potrebbero travolgere; e così è per pochi cavalieri appiedati e balestrieri, ma i mercenari formano gli schiltron e reggono l’urto decimando il nemico; poi Saladin e gli akinji travolgono chi è ancora in sella, mentre i lancieri sciolgono la formazione chiusa e si gettano in massa su fanti ed arcieri nemici. Non ne sopravvivono abbastanza per tener le mura, e la sera stessa i genieri dell’armata iniziano a riattar come moschea la cappella ortodossa.
Ma or conviene lasciar la parola a Shabana Tamer, protagonista del primo confronto con quei nomadi giunti dall’est
“ L’armata al mio comando ora pareva uscita dal gran bazar di Baghdad; abiti e armi d’ogni foggia, visi di ogni etnia, cavalli d’ogni razza e persino qualche cammello. Una gran massa di tagliagole, assoldati senza troppe domande, questi erano i soccorritori di Yerevan..
Le due armate nomadi avrebbero potuto riunirsi e spazzarci via senza troppa difficoltà, e ancor non so perché non l’abbiano fatto; si riunirono, sì, ma arretrando verso est a fondovalle.
Questo diede tempo ad Al Mustayad di raggiungermi con la sua superba cavalleria mammalucca, per poi procedere insieme contro all’invasore; e così potemmo sperimentar la strategia suggerita negli antichi testi di Caius Iulius Mashiminus.
Fu per la minor qualità e mobilità della mia armata, e per la mia minor esperienza di comando, ch’ebbi per primo l’onore di ingaggiare il nemico; infatti Al Mustayad avrebbe meglio saputo prestar assistenza a me che io a lui.
Mossi sul minore degli eserciti nomadi, facendo avanzare giavellottisti ed arcieri in linea retta, e gli sciami di tiratori a cavallo sulle ali; l’armata del Khan tentò di aprirsi la strada attraverso gli uomini appiedati, e questo ne rese più facile l’accerchiamento; decimata dal tiro proveniente da ogni lato, non resse l’urto dei cavalieri leggeri e pesanti che avevo tenuto di riserva , che comunque pagarono cara la cattura del sultano forestiero.
Poco dopo fu su di noi la seconda armata e, per un istante, si temete il peggio; ma i mammalucchi non mancarono l’appuntamento; si abbatterono su di loro come onda di piena che non da scampo e, con poco aiuto da parte nostra, fecero immane strage.
Allah ci perdoni per non aver avuto pietà dei prigionieri; la decapitazione di quel sultano vagabondo fu atto crudele, che si imponeva per estinguerne il casato”.




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