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Gli scudieri di San Marco

Ultimo Aggiornamento: 13/11/2009 14:55
23/10/2009 16:58
 
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Avuta conferma della presa di Genova e Pisa il buon Martino Martinengo, Rettore di Ancona, improvvisò, con sole forze mercenarie, le opere di assedio contro la fortezza di Chieti; Re Romano vi fu sorpreso senza seguito di truppe, sicché quel concitato anno 1213 poté chiudersi con tre conquiste strategiche in danno dei normanni.
Or dovremo dire partitamente di quanto accadde poi, onde non perdere il filo di eventi quasi simultanei che si svolsero in teatri lontanissimi.
1) della ulteriore espansione nelle provincie italiche.
La morte in battaglia di Re Romano indusse il Santo Padre ad invocare perentoriamente la cessazione dello spargimento di sangue cristiano. Malgrado ciò il nuovo re normanno, accecato dal rancore, insistette in velleitarie spedizioni punitive da cui ricavò solo la scomunica.
Nell'anno 1218 Martino Martinengo, ora alla guida di un esercito dotato di artiglierie e cavalieri feudali appiedati reclutati a Chieti, aggirò via mare le forze nemiche e catturò a sorpresa Bari.
Nella primavera del 1220 i Siciliani tentarono la riconquista di Bari e di Chieti, fallendo miseramente entrambe gli obiettivi. I difensori della fortezza ressero l'urto limitandosi a difendere i bastioni. Le mura di Bari non furono neppure sfiorate, perchè il Martinengo intercettò le forze nemiche in avvicinamento e le sbaragliò nella prima battaglia del tavoliere. Subito dopo questa vittoria si imbarcò nel golfo di Taranto, chiamando a sé anche le artiglierie lasciate in città.
Corse il rischio di lasciare Bari esposta all'attacco di un ulteriore esercito normanno partitosi da Napoli per sorprendere la fortezza di Rossano, al momento poco difesa. Non gli fu necessario accorrere in difesa della città perché i siciliani, avendo appena ottenuto la revoca della scomunica, tornarono sui propri passi per non incorrere nuovamente nelle papali ire.
Ovviamente quelli si ripresentarono puntualmente appena scaduto il veto, raccogliendo altra cocente batosta nella seconda battaglia del tavoliere; fu fatale, per loro, la modesta qualità delle fanterie che or potevano mettere in campo, ed il tiro preciso dei balestrieri pavesi di Venezia.
Nell'anno del Signore 1226 Martino Martinengo traversò rapidamente la Sila, travolgendo le modeste difese di Reggio; ivi rese onore alle spoglie del valoroso nemico Iacopo d'Altavilla, straziato dai lancieri saraceni della serenissima nel corso di una carica disperata. Da Reggio iniziò subito a pianificare l'attacco alla possente cittadella di Siracusa, da attuarsi secondo la consueta tattica dello sbarco a sorpresa. L'intenso traffico navale nello stretto di Messina impose numerosi rinvii dell'operazione, che poté essere effettuata solo nella tarda primavera del 1229; l'unica vera difficoltà fu il preservare le munizioni e l'integrità dei pezzi sino all'abbattimento dell'ultima grata.
L'anno seguente il nemico tentò di riprendersela, ma perse oltre settecento uomini senza neppur riuscire a superare la seconda cerchia di mura; Venezia pianse quattordici caduti fra i suoi balestrieri.
Dopo gli armati giunse un emissario, che si rassegnò a rivelare informazioni geografiche pur di ottenere una tregua, anche perché il suo re era stato nuovamente colpito da scomunica Le notizie ottenute da quel tale confermarono quanto già si sospettava: i normanni tenevano ancora saldamente Napoli e Palermo, erano deboli in Sardegna e Corsica, e null'altro gli restava.
Nel 1232 scoppiò la rivolta filosiciliana di Reggio, volutamente provocata dal locale Giustiziere onde lavar via col sangue l'attitudine riottosa dei residenti. La città venne riconquistata entro poche settimane ma, sfortunatamente, andò distrutto il suo bel cantiere navale.
Nella primavera del 1234 Alessandro il Cavalleresco, Potestà di Pisa, iniziò i preparativi per l'attacco ad Ajaccio, imbarcando truppe a Genova. Il suo primo tentativo abortì sul nascere perché, avvedutosi che il Principe Tancredi lo attendeva sulla spiaggia con esercito più nutrito del suo, dovette tornare indietro per infoltire i ranghi. Fece ritorno pochi mesi dopo con Giorgio Molin, Potestà di Asti, oltre a balestrieri e cavalleggeri che pria gli facevan difetto: una forza bastante ad annientare il nemico in campo aperto, e a prender possesso della fortezza senza altri combattimenti.
2)delle vicende negli antichi territori bizantini
Sino al 1215 nulla di interessante accadde a Chandax, salvo l'elezione a Doge di Taddeo e l'erezione delle mura in pietra. In quell'anno, però, la città venne posta sotto assedio dai suoi vecchi padroni, mentre altre forze continuavano ad affluire. Il primo assalto venne scatenato circa un anno dopo, e fu autentico incubo notturno. Il doge schierò la maggior parte delle sue truppe a difesa del posto di guardia maggiormente minacciato, con alcuni cavalieri crociati appiedati sulle mura ad esso adiacenti ed una riserva di arcieri e miliziani a centro città; la riserva entrò in azione solo quando si ebbe ragionevole certezza che l'avversario non aveva trovato altro ingresso che il portone sfondato.
Nel tentativo di forzare quel varco i bizantini persero un migliaio di uomini e due generali, fra cui il Principe Manuele; uno dei loro eserciti non prese parte alla pugna perché smarrì la strada nelle tenebre impenetrabili. Ma restavano loro sufficienti forze per organizzare subito un secondo assedio, senza dar tempo a Taddeo di colmare le perdite. Il nuovo attacco lo scatenarono di giorno, e non gli andò meglio; ne morirono a centinaia, chi trafitto e chi ustionato.
Seguirono circa quindici anni di pace, durante i quali gran parte della nobiltà veneziana iniziò a covare un sordo rancore nei confronti del proprio lontano Doge; è questa, probabilmente, la ragione per cui non venne organizzata una spedizione di soccorso quando ripresero gli sbarchi. Taddeo profittò di uno scontro fra normanni e bizantini per rompere un primo assedio con una eroica sortita in cui, malauguratamente, perse la vita. Gli uomini della guarnigione ressero un anno ancora, ma nessuno di loro sopravvisse quando i bizantini irruppero con forze soverchianti.
Nel 1235 la Serenissima ancora controllava Monamvassia, Smirne e Costantinopoli: Purtroppo la metropoli, priva di autorevole guida, stava divenendo sempre più ingovernabile; il capitano della guarnigione, non disponendo di migliori argomenti, si risolse ad esasperare ulteriormente la popolazione, sperando di poterla ricondurre a ragione con l'eloquenza delle armi.
3) dell'Oriente e dell'Islam
Il presidio di Adana rimase indisturbato sino al 1219, quando dovette battersi con un esercito siriano intenzionato a riprendersi la fortezza; il nemico venne umiliato dai difensori, che riuscirono persino ad arricchirsi col riscatto dei prigionieri.
L'anno successivo venne indetta una crociata contro Tripoli; per tale impresa fu allestito un nuovo contingente di artiglieria e investito un cavaliere atto a condurre le truppe in battaglia.
Oliviero di Iasi lasciò la fortezza con la sua armata crociata nella primavera del 1221, ben intenzionato a procedere direttamente verso la meta. Il disegno originario si rivelò quasi subito inattuabile, troppe essendo le forze crociate e siriane che precludevano l'accesso a Tripoli da nord.
Facendo di necessità virtù, decise di tentare l'attacco da meridione, compiendo una digressione che gli fruttò, in rapida successione, la cattura di Homs e di Damasco.
Altro non fu possibile fare perché la crociata fu vinta dagli imperiali e, a quel tempo, la guerra coi normanni assorbiva ogni risorsa della repubblica. Damasco cristiana si segnalò per le vocazioni ecclesiastiche ed il talento delle spie e sicari locali, che ebbero il loro bel daffare per contrastare l'opera delle loro controparti islamiche. La fortezza di Homs e le vicine città di Halab ed Antiochia passarono più volte di mano, perché gli uni si premuravano di sottrarle agli altri e metterle a sacco, ma nessuno tentò mai di presidiarle in forze.
Questo andazzo proseguì sino al mese di novembre 1227, quando un poderoso esercito fatimide venne avvistato a meridione di Damasco; vista la mala parata, il Muhafaz Giuliano Moro ne ordinò l'evacuazione per catturare nuovamente Homs, ove si barricò con forze sostanzialmente integre.
A quel tempo i siriani erano nuovamente padroni di Antiochia e, contrariamente al solito, vi si erano installati in gran numero. Papa Alessandro, primo pontefice veneziano, scelse proprio quel frangente così poco propizio per invocarne la liberazione.
Al momento dell'appello l'impresa appariva disperata ma, per grazia di Dio, pochi mesi dopo gran parte dei guerrieri islamici lasciarono la città per baruffare gli imperiali di Tripoli.
Il Moro colse al volo l'occasione, vestì la croce e si precipitò all'assalto con ogni uomo disponibile; fece mettere fuori uso le caditoie, e poi lanciò i suoi attraverso una porta miracolosamente non serrata; il combattimento fu brevissimo, perché l'intera guarnigione maomettana andò in rotta al primo urto. Questo trionfo istantaneo, nella calura primaverile del 1230, mise in ombra la contemporanea morte di Taddeo a Cipro.
Oliviero e Giuliano stimarono necessario concentrarsi a difesa di Antiochia ed Adana, onde meglio resistere alla montante marea islamica; Homs venne spogliata di tutto e lasciata ai corvi.
Nell'estate del 1235 il clero locale ebbe l'onore di dare alla cristianità il secondo pontefice veneziano consecutivo; papa Silvestro, già parroco di Antiochia.
[Modificato da Bertavianus 23/10/2009 17:10]




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