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"Perché i Talebani stanno vincendo (per adesso)" di Kimberly Kagan

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 09:00
27/08/2009 00:49
 
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Essendo bloccato a casa a causa di un raffreddore caustato dall'abuso di aria condizionata, cercherò di passare il tempo leggendo questa interessantissima analisi e commentandola:


Un altro problema è che le forze della Nato descrivono la dottrina antiguerriglia meglio di come la mettono in pratica. Quasi tutte le unità Nato nelle aree pashtun sostengono di proteggere la popolazione impegnandosi in una sequenza di operazioni militari nota come "shape, clear, hold and build" [che più o meno consiste in: preparare le condizioni, combattere fino a bonificare il territorio dalla guerriglia, stabilizzare la situazione garantendo una sicurezza prolungata alla popolazione e infine costruire le infrastrutture]. Ma la sequenza si svolge in tempi troppo rapidi. In base alle recenti esperienze in Iraq, per preparare le condizioni ci vogliono dai 30 ai 45 giorni, per eliminare la resistenza dai tre ai sei mesi e per stabilizzare la situazione tempi ancora più lunghi.



Iniziamo bene: si vuole mettere a confronto l'Iraq con l'Afghanistan... due territori e due situazioni geo-politiche completamente diverse... persino le popolazioni differiscono per lingua e cultura e non possono essere messe a confronto... ma va bé, per gli americani sono tutti mussulmani e quindi non c'è differenza...



Le forze Nato in Afghanistan, tranne pochissime eccezioni, non hanno mai operato rispettando queste tempistiche. Condensano le operazioni di shaping e clearing in poche settimane, e poi passano prematuramente a quella che percepiscono come la fase di stabilizzazione. Il risultato è che raramente le forze Nato riescono ad acquisire un controllo permanente dell'area, o se vi riescono è su aree talmente limitate da produrre un impatto modesto sulla guerriglia o sulla popolazione. Il nemico semplicemente scompare e poi ritorna.


Mi ricorda il Vietnam... arrivavano con gli elicotteri, distruggevano qualunque cosa e ripartivano... puntualmente i vietcong nella notte riprendevano il villaggio o quello che ne rimaneva... Non è che gli statunitensi abbiano fatto molti passi avanti nelle tattiche antiguerriglia...


C'è di più: la coalizione e le forze afgane si preoccupano troppo di garantire le linee di approvvigionamento e di contenere la minaccia rappresentata dagli ordigni improvvisati ricorrendo a sforzi tattici invece di mettere in campo un'azione di contrasto alla guerriglia. La conseguenza è che molte forze - in particolare dell'esercito afghano -sono distribuite lungo il corridoio stradale che corre tutto intorno al Paese. Posizioni statiche come queste sono uno spreco di soldati.


Voglio vedere se non presidiavano le vie di comunicazione quanti soldati morti ci sarebbero stati, considerando anche il fatto che la maggior parte dei morti si è avuta durante i movimenti via terra...
Uniche possibili soluzioni sono l'impiantare le basi vicino ai villaggi (infatti più giù ne fa un accenno) e potenziare il trasporto eliportato


Ovviamente le nostre forze devono poter manovrare lungo i corridoi strategici, ma il modo migliore per farlo è mettere in sicurezze le aree popolate e spostare le truppe dalla ring road alle aree dove il nemico si rifugia e trova supporto, per sconfiggerlo.




In altre aree, le forze da combattimento cercano di fare le cose giuste, ma, ancora una volta, nei posti sbagliati. Come dimostrato dall'esperienza irachena, per contrastare efficacemente la guerriglia spesso bisogna ridislocare le forze, dalle basi più grandi a quelle più piccole, per stare in mezzo alla popolazione. Ma in certe aree remote dell'Afghanistan orientale, come il Nuristan, dove il nemico ha uno scarso peso, sia dal punto di vista operativo che strategico, le forze da combattimento sono troppo sparpagliate: hanno lasciato le basi operative avanzate più importanti, spingendosi in aree strategicamente insignificanti e creando piccoli avamposti da combattimento con un numero di soldati troppo ridotto per poter fare qualcosa di più che proteggere l'avamposto stesso. È meglio concentrare le forze destinate alle operazioni antiguerriglia e correre qualche rischio in più in posti meno importanti.



Invece è proprio la parte orientale del paese che bisogna controllare. Impedire qualsiasi comunicazione con il Pakistan è l'unico modo per tagliare i rifornimento alle forze guerrigliere e impedire un estendersi del conflitto anche a quest'ultimo stato.
Presidiare la capitale non ha alcun senso. Kandahar non conta niente, in un territorio in cui ogni signore della guerra ha un proprio feudo...

Sta bene voi direte e come blocchiamo un confine lungo migliaia di miglia e perdipiù montuoso... Siete voi che ci siete andati in Afghanistan... avreste dovuto almeno dare uno sguardo alla cartina geografica prima di intervenire a portare la democrazia nel mondo...
Mai a anessuno è venuto in mente che la democrazia non è sempre il migliore delle forme di stato?


Troppo spesso le operazioni shape, clear, hold and build delle forze della coalizione sono tarate sulla prospettiva di realizzare progetti di sviluppo, non sull'esigenza di garantire la sicurezza della popolazione. Questo atteggiamento tende a privilegiare l'importanza rispetto all'urgenza, il possibile rispetto al necessario. Ad esempio, le principali operazioni di combattimento nell'area controllata dalle forze britanniche a Helmand sono state condotte nell'ottica di agevolare lo sviluppo economico.
La concentrazione di forze all'interno della provincia, e in generale nel Sud, è stata trainata dalla realizzazione della diga di Kajaki e della zona di sviluppo agricolo vicino a Lashkar Gah. Nell'Afghanistan orientale, le forze Usa hanno condotto operazioni militari per poter realizzare delle strade, come quella che porta da Khost al passo di Gardez. Questi progetti sono importanti per lo sviluppo sul lungo termine, ma solo occasionalmente sono importanti anche per il conseguimento dei nostri obbiettivi militari e non si dovrebbe lasciare che condizionino l'impiego delle scarse risorse militari disponibili.


La guerra per gli statunitensi ha da sempre un unico percorso: prima distruggiamo e poi ricostruiamo... così girano soldi e i capitalisti sono contenti. Ora se ci sono guerriglieri in giro è logico che qualcuno deve proteggere gli investimenti e chi meglio dell'esercito.


Inoltre, gli sforzi miliari e civili in Afghanistan sono fondati su presupposti sbagliati riguardo allo sviluppo. Troppo spesso si enfatizza l'importanza di un progetto di sviluppo come modello, come dimostrazione della competenza del Governo afghano e della buona volontà degli occidentali. Completare una certa diga, ad esempio, dimostra alla popolazione che il Governo afghano è in grado in generale di fornire servizi; "bonificare" un certo villaggio dimostra che le forze di sicurezza nazionali afghane sono in grado teoricamente di garantire la sicurezza della popolazione. Ma se il modello non viene replicato con rapidità e accortezza resta semplicemente una dimostrazione di quello che si potrebbe ottenere.
Gli effetti dimostrativi non basteranno a sconfiggere la guerriglia. O una località è sicura e ha un'amministrazione operativa, oppure no. Un buon piano di contrasto alla guerriglia ha successo se genera sinergie fra progetti validi e localizzati, non se individua mille punti di luce e spera che si trasformino in una rete elettrica.


È l'unico modo per fidelizzare la popolazione, anche se in un paese che rimane comunque anarchico non vedo quale possa essere una possibile soluzione. La sicurezza dovrebbe essere annoverato tra i servizi basilari. Io fortificherei i villaggi, vi impianterei un presidio stabile che sia in grado di fare veloci sortite nelle fattorie intorno in caso di attacchi o di presenze ostili... Dispendiosissimo... non se ne andranno mai dall'Afghanistan ma è l'unica soluzione secondo me.


I parametri di misurazione sono importanti in qualsiasi guerra e sulla base dei recenti rapporti l'amministrazione Obama sta preparando una nuova serie di indicatori per valutare se i combattimenti in Afghanistan producono risultati oppure no. Usare parametri adeguati è importante, ma altrettanto importante è non usare parametri inadeguati. Gli attacchi contro le forze della coalizione, ad esempio, non sono un indicatore affidabile del successo della missione.
Se non altro perché, come abbiamo visto in Iraq, gli attacchi possono aumentare all'inizio di una controffensiva per riconquistare il controllo di aree presidiate dal nemico. La totale assenza di attacchi, per contro, può significare che un'area è sotto il completo controllo del nemico. La misurazione del successo non è semplicemente una questione di statistica e non può andare disgiunta da un piano di campagna, che fissi una gerarchia dei compiti e degli obbiettivi.


Stanno cercando il giusto linguaggio burocratichese per infinocchiare l'elettore medio? Obama sa benissimo che la guerra non è vinta e non può essere vinta a breve. Io credo fermamente che Obama preferirà lasciare la patata bollente al prossimo presidente (che arriverà tra quattro anni: che presidente è uno che dice noi smantelleremo Guantanamo e manderemo i prigionieri nei paesi nostri alleati? O è un genio... incompreso... o i suoi elettori sono degli idioti).



Alcuni rispondono con un chiaro e semplice no, sostenendo che l'Afghanistan non ha mai avuto un Governo centrale (cosa non vera) e che è sempre stato la "tomba degli imperi" (cosa vera solo in pochi casi specifici). La sconfitta non è affatto inevitabile. La guerra in Afghanistan ha sofferto fin dall'inizio di una carenza di risorse, specialmente in termini di tempo e attenzione da parte dei grandi leader politici.


Quali leader? È rivolto agli alleati NATO? Cioé dovremo essere noi a combattere le guerre degli USA?
L'Afghanistan "ora" non ha un governo centrale, forse era meglio attaccarlo quando c'è l'aveva...



Dal 2007 al 2009 gli Stati Uniti hanno dato la priorità alla guerra in Iraq, per fondate ragioni strategiche. Parte della parsimonia dimostrata sul fronte afghano deriva anche da teorie sbagliate sulla guerra antiguerriglia: il segretario alla Difesa Robert Gates, ad esempio, ha interpretato in modo errato l'esperienza sovietica in Afghanistan, arrivando alla conclusione che incrementare il numero dei soldati era qualcosa da evitare perché avrebbe accresciuto il rischio di un fallimento.


Piccoli presidi nei villaggi... adeguati all'importanza del villaggio e delle vie di comunicazioni circostanti... il confine pakistano dovrebbe essere la priorità, magari con l'aiuto delle altre forze della coalizione.



Se tutto deve rimanere com'è, è necessario che tutto cambi. Il gattopardo


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