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Storia del Sacro Romano Impero (Medieval I)

Ultimo Aggiornamento: 18/12/2008 13:29
08/12/2008 15:47
 
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- La fine del conflitto franco-tedesco (1129 – 1132) e la disfatta di Angers

Nel 1129, la Borgognona e la Proventiale invadono e conquistano la regione di Tolosa. Filippo II si rifugia prima in Angiò, poi in Bretagna. L’inverno del 1130 è rigido e la salute del re francese peggiora improvvisamente. Quando nel 1131 le tre legioni (Borgognona, Proventiale e Legio Aurea) invadono la Bretagna, i Francesi non riescono neppure ad organizzare una difesa, lasciando la provincia a Corrado ed ai suoi due figli. Nel febbraio del 1132, durante il ritorno a Bordeaux, Filippo II muore; la sua salma viene portata nella città angioina, e sepolta. Pochi giorni dopo, l’erede di Filippo, Piero, viene assassinato in circostanze misteriose. Il regno di Francia, ridotto alla sola regione di Angiò, si sgretola, i nobili si dividono le terre rimaste, ed entrano in guerra anche con il regno di Aragona. Il 22 giugno del 1132 Corrado III proclama la vittoria sulla Francia, e cinge formalmente la corona capetingia a Parigi, in una solenne celebrazione. Nel 1133, Ermanno lascia il presidio militare in Normandia, dove intanto l’esercito s’era stanziato, e torna nello Champagne: con il cosiddetto “Editto di deferimento”, Corrado III affida al suo primogenito la costruzione di vaste linee di fortificazione in tutto l’ex regno francese. L’Imperatore, invece, si impegna nell’organizzazione dell’ultima offensiva, per conquistare l’Angiò e porre fine alla tracotanza dei nobili francesi. Raccoglie le quattro legioni di movimento e si porta ai confini con la provincia angioina. Anche il regno di Aragona, guidato da Sancho II, attacca l’Angiò da sud; i due eserciti alleati coordinano le loro manovre per colpire le armate nemiche nella campagna di Angers. La battaglia si tiene il 28 ottobre 1134, e viene descritta da Giovanni di Digione: “Corrado non si premurò di far sondare il terreno, poiché la giornata si annunciava limpida e priva di piogge. Intorno alle 5 del mattino fece disporre gli arcieri in prima linea, dietro di loro una prima e una seconda linea di lancieri, e infine la cavalleria, a capo della quale si pose lui stesso insieme al figlio Lotario. La campana di un convento segnava le 7, ed ecco giungere i nobili francesi di Angers. Corrado III inviò un cavaliere presso lo schieramento aragonese, per comunicare che alle 8 precise l’Impero avrebbe mosso la sua armata su di una vicina collina. Re Sancho d’Aragona guidava personalmente l’esercito alleato; le sue parole furono di devozione e fedeltà al Sacro Impero di Roma. Messi insieme, gli eserciti alleati superavano di poco quello nemico; ma gli aragonesi erano privi di artiglieria dalla lunga distanza, e in più furono colti in una regione inclinata della piana, cosicché gli uomini appiedati faticarono molto nella marcia. Alle 8 Corrado portò avanti il suo vessillo e guadagnò una collinetta boscosa dalla quale prese ad osservare l’esercito nemico, a nord, e quello aragonese, a nord-ovest. Osservando il movimento delle fronde sopra di lui, capì che la direzione del vento avrebbe favorito le frecce nemiche, e scosse lievemente la testa. Gli aragonesi sferrarono il loro primo attacco alle 9, supportati dalla prima linea di arcieri imperiali; poi, l’Imperatore ordinò alla seconda e alla terza linea di avanzare lungo il pendio, mentre la prima linea dell’esercito nemico veniva messa in rotta dagli alleati, e dalla pioggia di frecce. Infine i lancieri imperiali attaccarono, mettendo in fuga anche la seconda linea francese. Corrado prese molti prigionieri, poi però chiamò a raccolta i capitani di drappello in una regione centrale della pianura. Per due ore i soldati riposarono, e godettero del fresco portato da alcune nubi grigie; terminato il colloquio, Corrado ridispose il suo esercito lungo un pendio ad ovest, ordinando di attendere l’arrivo dei rinforzi francesi. L’esercito aragonese, invece, credendo di aver vinto la battaglia, si diede ai bagordi e al saccheggio dei cadaveri; quando, intorno alle 2 del pomeriggio, una nuova linea di fanteria comparve all’orizzonte, Sancho d’Aragona fu colto di sorpresa, e non fece in tempo a riorganizzare la sua armata che si trovò trafitto da una freccia. La morte del re spaventò l’esercito alleato a tal punto che esso si disperse lungo i pendii delle colline, inseguito dai fanti francesi. L’esercito imperiale osservò la scena da una collina; poi Corrado fece inginocchiare tutti e dire un Pater Noster alla memoria del nobile re. Passarono altre due ore, e Corrado sembrava indeciso sul da farsi; i nemici si erano disposti su una collina di fronte, e per attraversarla i soldati imperiali avrebbero dovuto esporsi al passaggio di una gola. Mentre si consigliava con i suoi aiutanti di campo, entrando e uscendo dalla sua tenda, gli uomini mormoravano e lamentavano la stanchezza. Alla fine Corrado ordinò di costeggiare la collina fino a un punto di congiunzione con quella su cui s’era attestato il nemico; ma durante la marcia iniziò a piovere, ed il terreno, che Corrado aveva creduto resistente, iniziò a cedere. La marcia fu lunga, lenta e faticosa; intorno alle 5 più di 300 lancieri, stremati, dovettero abbandonare il campo, e Corrado richiamò dall’accampamento (distante solo qualche chilometro), alcune truppe ausiliarie. Intorno alle 5.30, con gli uomini che gli restavano (pochi e scontenti) Corrado ordinò un attacco fulmineo, per mettere in rotta i nemici prima che calasse la notte; ma quelli erano freschi e riposati, resistettero all’urto dei lancieri, li misero in fuga e poi si riversarono sugli arcieri, sterminandoli. Nel mezzo della battaglia Corrado ordinò la ritirata, poi ricompattò il fronte alcune centinaia di metri più indietro, e attese che arrivassero le ultime truppe ausiliare disponibili. Il sole calava all’orizzonte, e mentre la colonna imperiale attraversava un bosco per cogliere i nemici di sorpresa, venne assalita da alcuni drappelli nemici nascosti tra la vegetazione. Alle 7 tutto l’esercito imperiale fuggiva verso le montagne, e Corrado non poté ne volle fa nulla per fermarli. Si premurò solo di assicurarsi che i suoi generali non si disperdessero. Il giorno dopo, l’accampamento era percorso da lamenti e grida di dolore, perché delle quattro legioni imperiali ne era rimasta solo una”.
[Modificato da Antonio II Piccolomini 08/12/2008 15:51]



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