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Cronache di Guerra - Portoghesi in crociata

Ultimo Aggiornamento: 31/05/2008 12:58
27/05/2008 16:35
 
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Tutti i progetti concepiti vengono messi in cantiere, anche perchè il sacco di Norimberga ha fornito enormi risorse finanziarie (è impresa che sarebbe da includere fra i "fatti d'arme").

La cosa più facile fu aumentare la sorveglianza sulle cittadelle, che bastò distogliere due esploratori militari dalle solite incombenze.

L'armata che occorre è già pronta presso Bruges, è guidata dal prode generale Tomas Diaz che ha terminato con gran successo il suo impegno in zona; basterà dotarla di buona colubrina, al posto della sua vetusta bombarda, ed uniformare l'equipaggiamento di fanti e tiratori (saranno tutti moschettieri e venturos). Si imbarcherà a Marsiglia, che nel frattempo rafforza la sua flotta.
Diaz è sulla via dell'imbarco quando, a sorpresa, viene indetta crociata proprio contro Gerusalemme, la sua meta: ovviamente si atffretta ad aderire. Aderiscono subito pure Sanchiz, e per lui è la seconda volta, e de Mota, che con soli uomini montati conta di raggiungere via terra i luoghi partendo da Tunisi.
Il Sommo Padre vuol che partecipi anche il Re; questi ritarderà l'adesione sino a che non saranno perfettamente pronti ulteriore armata e flotta (compito che tocca ai cantieri di Venezia).

Per Gaza ed Acri le vittoriose difese si ripetono senza posa ma, nell'anno 1470, avviene drammatico cambiamento.
I tartari assediano Acri contemporaneamente con due grandi armate e, non essendogli riuscito di introdurre spie, escogitano altro spregevole stratagemma: giungono, come ladri, col favor delle tenebre.
I tiri alla cieca delle artiglierie fisse dei cristiani non sembrano avere effetto alcuno; crollano vari tratti della prima cerchia di mura, e i portoghesi si ritirano più indietro; qui oppongono strenua resistenza, sinchè cede il cancello e devono difendere l'ultimo baluardo; quando l'ultima grata è infranta ancora riescono a tener fuori gli asalitori per lunga pezza, e si sfiora il sogno di veder quei bruti costretti a ritirarsi. Ma non si può chieder miracoli agli ultimi venti uomini che, coperti di sangue e di sudore, debbono arginarne venti volte tanto. Ci consola ricordarli come eroi, perchè solo la forza del numero infine consentì al nemico di prevalere, pur a prezzo di devastanti perdite. Lo si sa per certo dai dispacci della spia che, sfuggita al massacro, ora vigila il luogo con altro scopo.

Altri eventi si impongono all'attenzione.

Costantinopoli regge un assalto magiaro, ma necessità di rabberciar subito le mura impone di soprassedere ad altre costruzioni, che ora appaiono meno necessarie.

Armate tartare presto assediano Antiochia, il che induce anche De Castro a farsi nuovamente crociato per portargli soccorso da Adana.
Quella cittadella non la si può lasciar sguarnita, essendo sempre prossima a rivolta per influenza di qualche maligno sobbillatore.
Spera di rimpolpar il contingete minimale con cui è uscito con moltitudine di pii guerrieri votati alla santa causa; solo fanatici e pellegrini rispondono all'appello.
Voleva soccorrere, e invece viene assalito da due armate, senza che nessuno dalla città possa dargli ausilio.
All'apparir del nemico, il suo fido attendente è preso dal panico, ed inizia a strepitare che tutto è perduto; vi è equilibrio di numeri ma non di qualità, perche quelli son quasi tutti esperti cavalieri, i crociati massimamente una massa di straccioni.
Ci si dispone al sacrificio per la salvezza di Antiochia.
L'esile fila di arcieri vien disposta fra due malferme file di fanti, con l'ordine di combattere sul posto lanciando frecce infuocate; un contingente di cavalieri feudali protegge un'ala, uno di turcomanni l'altra; De Castro accorrerà da dietro a tamponar le falle.
Unico vantaggio della posizione prescelta è lo stare sulla sommità di un modestissimo dislivello di quella piana arida e gibbuta.
I primi ad arrivare sono arcieri a cavallo; il fatto di ricever doppia razione per ogni dardo che tirano smorza il loro entusiasmo.
Segue una terribile carica frontale, i fanti di prima linea riescono a tenerla quanto basta da consentire l'intervento di qualli dietro e dei cavalieri. Anche questi si ritirano per riorganizzare i ranghi.
Sopraggiunge uno squadrone di elefanti, fiancheggiati da alabardieri; il panico serpeggia fra le fila, perchè i bestioni sembrano del tutto immuni al tiro.
Il Signore ispira e protegge i suoi; forte solo della fede, la massa di straccioni si butta sui bestioni; i primi ardimentosi son tosto spiaccicati, gran parte dei secondi pure, ma crolla anche qualche pachiderma e la fuga degli altri completa l'opera, andando a cozzare coi cavalieri che intanto son tornati. Dopo altro caotico vorticar di lame e di randelli, l'armata tartara si sbanda, e la ventina di cavalieri portoghesi rimasti insegue i fuggiaschi facendo massacro.
Sfortunatamente, l'ardore guerresco butta quei cavalieri in pasto alle avanguardie del generale Nayaga, che sono leste a cogliere vendetta; ma il generale stesso è così sconcertato dall'inaspettata piega degli eventi da disporsi a difesa senza osare nulla. Forse confida nell'arrivo di una carica che sarebbe suicida, forse è spaventato; perde la sua occasione e deve lasciare l'assedio di Antiochia.

E' anche possibile che sia stato richiamato indietro da notizia per lui funesta: ad Acri sono misteriosamente saltate in aria le scuderie dell'emiro.
[Modificato da Bertavianus 27/05/2008 16:36]




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