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Con stupore di tutti, i fanatici religiosi e gli arcieri rimasti a Dorylaion sventarono il primo tentativo di riconquista della cittadella; vi riuscirono respingendo gli assalitori che tentarono di salire con le scale, facendo strage di akinii col tiro, e incendiando l'unico ariete a disposizione dei nemici.
I turchi commisero anche l'errore di sguarnire Kayseri per vendicare un paio di nobili che si erano fatti sorprendere all'esterno dalla cavalleria cristiana; ottennero una vittoria marginale in campo aperto, perdendo però la loro nuova capitale. La cittadella aveva eccellenti difese, ma non uomini a sufficienza per manovrarle, quando i veterani di Bianchetti eseguirono l'ennesimo fulmineo assalto.
Il fatto più inatteso fu, comunque, la prosecuzione della crociata nonostante la morte del re di Castiglia; in questo il Santo Padre denotò un insolito livore.
Nel corso dell'anno 1296 i veneziani, dopo aver ricostituito una valida forza d'attacco, espugnarono in rapida successione Saragossa, Iruna e Burgos. Nell'assalto alle due cittadelle impiegarono anche la prima bombarda prodotta nelle strutture strappate al nemico; a Burgos trovò inaspettatamente la morte l'anziano Gaspare, sorpreso alle spalle dalla carica del generale nemico mentre era intento ad osservare il lavoro dei suoi artiglieri. Fu così che il compito di portare a termine la crociata passò al Fasanaro, potestà di Pisa, che da poco aveva raggiunto l'armata via mare.

In quei giorni il Doge diffuse un ordine che lasciò interdetti molti dei suoi capitani e generali; “si lascino al nemico o ai ribelli città e castelli di recente o futura conquista in terra iberica ed anatolica, ad eccezione di Cesarea (nuovo nome imposto a Kayseri).
Si stava avverando lo strano fenomeno previsto dall'insigne studioso scozzese Paron de Ca' (noto con questo soprannome solo a Venezia), cui nessuno aveva dato retta per tempo; l'accrescimento dei domini veneziani era stato troppo rapido, lo sforzo di amministrare trentotto provincie stava portando al collasso le casse della Serenissima.

Leòn disponeva di buone truppe ed eccellenti difese, che avevano umiliato le truppe di mezza cristianità; tre eserciti degli alleati magiari le gironzolavano attorno indecisi, non sapendo se onorare la tregua concessa dal loro sovrano, ovvero tener fede all'impegno crociato.
L'attacco sferrato dal potestà di Pisa, dopo essersi aperto la strada menante al fiume, ruppe questa situazione di stallo, costringendo gli spagnoli a difendersi su quattro lati; le artiglierie veneziane non riuscirono a far breccia nelle maestose mura cittadine, ma quelle magiare provocarono due crolli contigui; i magiari entrarono per primi e combatterono con impeto, sino a quando la morte di due generali ed un capitano non li fece vacillare; furono i veneziani, che sino allora poco avevano patito salvo sporadici tiri di balista, ad espugnare la città sfruttando le medesime brecce.
La furia dei lagunari si arrestò solo al cospetto del magnifico Duomo, unico edificio che non fu messo a ferro e fuoco prima di abbandonare quest'ultima, indesiderata, conquista.
Nell'inverno di quel glorioso 1298 ebbero termine due storiche alleanze; quella coi francesi, perché erano entrati in guerra coi magiari, e quella con gli inglesi, perché occuparono la deserta Burgos. Malgrado la perdita di Burgos fosse prevista, e persin gradita, quello degli inglesi restava odioso tradimento, e portò a formale dichiarazione di guerra.. In ogni caso, i veterani della crociata si limitarono ad affrettarsi ai passi dei Pirenei, indifferenti anche alla rivolta di Saragossa.
L'anno seguente iniziò ad addensarsi una nuova nube fatimide a meridione di Gerusalemme, ed il Bianchetti si portò in zona con una armata cavallo. Nel corso dell'anno 1300 lui e i suoi uomini avrebbero sostenuto tre battaglie, in ruolo di supporto all'esercito di stanza nella città santa. Le due forze riunite conseguirono tre splendide vittorie, di cui la seconda funestata dalla perdita del marchese di Verona, fulminato da un tiro di trabucco.
Nel corso del 1301 vennero inaugurate le mura maestose di Gerusalemme, le torri con baliste di Kerak e la bottega degli artisti di Napoli. Alle porte di Perpignà venne combattuta una furiosa battaglia campale che dissuase i Mori dal varcare i Pirenei. Uno stuolo di sicari castigliani circondò Tolosa, riuscendo ad assassinare i nobili Fasanaro e Cestini. A nord di Gerusalemme furono spazzati via gli ultimi due eserciti giunti dal delta del Nilo; durante questa battaglia trovarono la morte sia il principe fatimide che il valoroso Luca Bianchetti.
Le ultime vittorie assicurarono un triennio di tranquillità, durante il quale le volontarie rinunce territoriali sortirono gli effetti sperati, riportando in attivo il bilancio della Serenissima; visto il buon risultato, il Dux Luca il Bastardo sobillò anche la ribellione di Creta, per poi iniziare il viaggio che lo avrebbe portato ad assumere il governo della Città Santa.
Durante questo periodo si giunse pure a rappacificazione con gli Inglesi, suggellata dal rinnovo dei trattati di alleanza; in fondo l'incidente di Burgos era poca cosa, al cospetto delle ancor vive aspettative dinastiche.
Il pontefice magiaro finì per scomunicare i francesi, in guerra con la sua gente, e da qui ad indire una crociata contro la città francese di Urfa il passo fu breve; la notizia suscitò vivo disappunto alla corte di Bari, perché sino allora quella piazza aveva ottimamente tenuto in scacco i siriani, e non era affatto certo che altri cristiani l'avrebbero conservata con pari impegno.
Si sarebbe volentieri ignorato l'appello del Santo Padre se, nell'anno del Signore 1305, i Siriani non avessero profittato della divisione fra cristiani per assediare in gran forze Homs. A quel punto il Badoer dovette prendere la croce per prestare soccorso immediato alla fortezza; riuscito in tale intento, si concesse una digressione per liberare un fortino mercantile dall'incomoda presenza di tanti scampati delle armate egiziane che vi avevano trovato rifugio nel corso degli anni.
Quello fu pure l'anno della ribellione di Asti, che comunque sarebbe stata ripresa quasi subito con un assedio tradizionale senza ausilio di artiglieria.
Questa fu solo la vigilia di un anno assolutamente orribile.
I fatimidi nuovamente dilagarono in Palestina, aggirarono Gerusalemme – dove era in corso l'armamento delle torri con cannoni – e assediarono sia Tripoli che Damasco; una nuova armata siriana si abbattè su Homs. Tripoli fu salvata dalla ribellione dell'esercito nemico, evidentemente a disagio in quelle terre cristianissime. Badoer accorse prima in soccorso di Damasco, ove ottenne bella vittoria, e poi nuovamente di Homs, ove vinse pel rotto della cuffia; qui lo scontro fu terribile, e costò la perdita delle bombarde riposte nella fortezza nonché la vita del Farinelli, suo comandante.
Si erano sventate le minacce più immediate, ma il rischio restava elevato; bisognava ancora fare i conti con ingenti forze egiziane, in grado di investire qualsiasi piazza meridionale.
Non bastando tali ambascie, due eserciti moreschi sbarcarono in Sicilia e strinsero d'assedio Palermo, prostrata da una pestilenza; la difesa della vecchia capitale normanna si profilava quale impresa disperata.

A.D. 1306
Regioni 31 (-7 rispetto alla situazione intermedia del 1296)
Alleati: Inglesi, Magiari, Papa
Nemici: Francia, Bisanzio, Castiglia, Islam