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Nell'estate del 1277 la repubblica di San Marco iniziò a potenziare le difese di Palermo, unico centro realmente vulnerabile ad eventuali ulteriori aggressioni moresche.
Assurse al pontificato Ugo, un cardinale magiaro eletto col concorso del clero veneziano.. Fu costui ad indire una nuova crociata contro Urfa, esaudendo una richiesta del Doge. Questa volta la Serenissima mirava solo ad un intervento altrui atto ad alleggerire la pressione islamica gravante sul suo intero regno crociato, ma il Santo Padre volle anche la sua partecipazione all'impresa.
I turchi avevano appena riportato una schiacciante vittoria navale, restando padroni delle acque palestinesi, e gli egiziani avevano posto sotto assedio Kerak.
L'assalto alla piazzaforte fu lanciato nella primavera del 1278, da un esercito ben provvisto di tutto.
I veneziani si ritirarono all'interno, lasciando una dozzina di balestrieri mercenari a custodia del primo posto di guardia ed affidando ad una compagnia di sergenti a cavallo le azioni di disturbo durante la fase di avvicinamento. Quei sergenti svolsero egregiamente il proprio lavoro; non solo annientarono vari gruppetti di artiglieri, fra cui quello del capitano, ma riuscirono persino a provocare l'abbandono di due arieti. Svariati fanti nemici penetrarono all'interno con le scale ma, visto che nessuno li raggiunse con le attrezzature necessarie a proseguire l'assalto, finirono per divenire bersagli inermi. Caddero 33 cristiani e 495 islamici.
L'anno seguente la croce fu presa da Taddeo Drogo; costui aveva ricevuto l'onore della signoria su Gerusalemme, ma a governare in concreto la città santa era l'esperto marchese di Verona.
Il piano di marcia iniziale del Drogo prevedeva di avvicinarsi ad Urfa investendo Damasco, ma quella via risultava quasi impraticabile e vi erano altre emergenze da risolvere: un esercito fatimide assediava Damietta con gran parco di artiglieria, un secondo si stava avvicinando a Gerusalemme, un terzo assediava Kerak, ed una formazione minore assediava il fortino nei suoi paraggi.
Per prima cosa salvò Damietta, anche se sarebbe più corretto dire che la guarnigione di Damietta salvò lui da una cocente sconfitta quando i suoi fanti ed artiglieri eran già stati spazzati via dal campo di battaglia. In quello scontro subì perdite del 60% contro un nemico in inferiorità numerica, distinguendosi forse come comandante di cavalleria ma non certo come stratega; ebbe però la fortuna di vedersi pagare 3500 fiorini per il riscatto dei prigionieri, e ciò gli valse l'adozione.
Con quell'armata malconcia tornò in palestina ove, ricostituiti i ranghi con mercenari e rinforzi inviatigli dalla città, affrontò il secondo esercito nemico; questa volta, favorito da buona posizione in altura, trionfò attendendo a piè fermo l'avversario esasperato dal tiro dei suoi; incassò un altro buon riscatto, con perdite limitate ad un centinaio di uomini.
Il terzo scontro, quello per salvare Kerak ed il suo fortino, fu il più duro di tutti perché, avendo mal valutato la situazione, lo dovette affrontare in inferiorità numerica, senza il contributo degli assediati su cui aveva fatto conto. Riuscì a spuntarla solo quando già si allungavano le ombre della sera, e solo perché i fanti nemici ne ebbero abbastanza di dardi e cariche di cavalleria.
La crociata di Drogo iniziò e finì con queste tre vittorie strappate in una sola stagione, poiché poco dopo si seppe che Urfa era stata espugnata dai francesi.
Il 1279 iniziò con gli inconcludenti assedi siriani ad Homs e ad Aleppo, e terminò con la miglior campagna del discusso condottiero già crociato. In primavera Drogo si era acquartierato in attesa di eventi presso il ponte sul giordano, con una armata rinforzata da fanterie templari e artiglierie; ad ottobre riuscì a sbaragliare l'esercito egiziano che sbarrava la via di Damaso, poi si avventò sulla città quasi indifesa e se ne impadronì senza difficoltà, compiendo un gran massacro di maomettani.
Nel 1281 si celebrarono a Chieti le nozze fra il consigliere Giorgio ed una principessa inglese; il giovane, figlio di madre inglese, non ebbe imbarazzi linguistici.
In quell'anno fu evacuata quasi totalmente la cittadella di Damietta, in quanto troppo isolata e scarsamente interessante per potenzialità di reclutamento; era una buona base di appoggio per eventuali attacchi nel delta del Nilo, ma i tempi non erano maturi per tali imprese. Vi rimase una piccola guarnigione, che due anni dopo avrebbe strappato un'improbabile vittoria difensiva.
Vittorio Farinelli, Muhafaz di Damietta, si spostò in Palestina con un seguito di armati che qui si sarebbe ingrossato di balestrieri pavesi e fanterie templari; con questa forza, nell'estate del 1282 andò in soccorso di Kerak ottenendo, in un primo tempo, solo di far retrocedere l'esercito nemico, Non sarebbe riuscito ad ingaggiare battaglia coi fatimidi se lo scontro non fosse stato provocato dalla temeraria sortita di due compagnie di balestrieri mercenari; l'iniziativa di costoro rianimò i suoi uomini stremati dalla marcia, che riportarono una vittoria schiacciante. Per il coraggio dimostrato in questa azione il capitano dei balestrieri, Federico da Creta, ricevette gli speroni ed il comando di Kerak. In capo ad un anno, la collaborazione fra Farinelli e Da Creta avrebbe stroncato sul nascere anche un ulteriore tentativo di assedio.
In tutto questo periodo le regioni settentrionali del regno crociato di San Marco non conobbero pace. Fra i vari scontri ne ricorderò solo due: la sortita dell'anziano Cestini da Homs, che annientò le ultime forze siriane presenti nella regione, ma poi fu vinto dall'età; una scaramuccia presso Antiochia, che valse gli speroni al capitano Pietro da Concordia, futuro governatore di Aleppo.
Nell'estate del 1284 l'esercito del Farinelli prese posizione a mezza via fra Homs, Damasco e Tripoli in attesa di capire cosa avrebbe fatto l'esercito fatimide avvistato presso Damasco; quando questo piegò risolutamente verso oriente, scattò un'operazione da lungo meditata.
Tre spie si insinuarono nella città in mano ai portoghesi, provvedendo a neutralizzare le difese dei posti guardia; Farinelli vi si avventò contro, con le truppe che già aveva con sé ed altri uomini a piedi ed a cavallo inviatigli da Homs e Damasco. Il re straniero cadde nel disperato tentativo di ritardare l'avanzata sino all'ingresso dei rinforzi acquartierati fuori città; quelli infine arrivarono, ma solo per farsi massacrare con gli altri commilitoni.
La cattura di Tripoli fruttò un buon bottino, ma questo era solo un beneficio secondario: precipua ragione di questa breve lotta con cristiani fu la necessità di meglio unificare quelle riottose terre, e di aver libero transito sulla comoda via costiera. I portoghesi se l'erano cercata, rifiutando ogni onorevole soluzione diplomatica, e ben difficilmente avrebbero potuto ottener rivalsa.
Si affacciò, a quel punto, un'idea rivoluzionaria: perché non far di Tripoli la capitale?
I tradizionalisti erano fermamente contrari, e trovavano facile sponda fra quei mercanti che ne avrebbero avuto danno; i nobili d'oltremare erano incondizionatamente favorevoli, ravvisando necessità di un miglior controllo su quelle terre circondate da infedeli; alcuni studiosi individuarono nell'isola di Creta il vero centro geografico della repubblica, ma le loro dotte dissertazioni non riscossero grandi consensi.

A.D. 1286
Territori 30 (+2 grazie a Damasco e Tripoli; Damietta e Monamvassia sono lasciate a sé stesse).
Alleati Inglesi, Francesi, Magiari, Castigliani, Papa
Nemici: Portoghesi e Islam