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La città dai mille minareti

Partimmo da Mosul all'alba del 23 marzo 1224 con l'esercito più imponente che mai avesse calcato quella terra di senzadio,ma sprovvisti di macchine da guerra,contando solo sulla forza delle nostre braccia guidate dal Signore.
Puntammo diritti verso Bagdad,la capitale dei Seljuk,attraversando miglia di deserto a perdita d'occhio sotto un sole implacabile.Alfine giungemmo nell'altopiano che divide quell'inferno dalla verde vallata della Mesopotamia e lì ci accampammo in attesa dell'armata a guardia della città guidata dal generale Timurbugha di Hamadan,gran visir del Sultano.
La sera che precedette la battaglia il silenzio regnava nell'accampamento,ognuno essendo intento a pregare Dio che il giorno dopo prevalesse la Sua santa armata.Quella notte non chiusi occhio,ricordo la luna che splendeva come il sole in mezzo a un mare di stelle e il chiarore dell'alba che mi sorprese come il presagio di un lieto evento.Partecipammo alla funzione e confessammo pubblicamente i nostri peccati,rimettendo la nostra anima nelle mani dell'Onnipotente,e ci schierammo sul campo di battaglia.Le schiere nemiche apparvero da dietro una collina con i vessilli al vento,meno numerose e preparate delle nostre,ma determinate a fermare la nostra avanzata.
Cominciarono le manovre di schieramento e le schermaglie contro i loro temibili arceri a cavallo,in numero impressionante quel giorno.Riuscimmo a tenere loro testa e a respingerne una disperata carica con l'ausilio della forte cavalleria di Antiochia e degli Ospitalieri.Scacciati come mosche fastidiose i loro arceri limitando le perdite,sfoltimmo i ranghi degli abili giavellottisti curdi e,al suono del corno,ci lanciammo in mischia con gran impeto.Nulla poterono alla vista di tanto furore i pavidi infedeli che fuggirono urlando assieme al loro generale (uomo davvero senza onore) braccati dalla guardia del principe e dal Gran Maresciallo.
La vittoria era nostra e marciammo senza incontrare alcuna resistenza fin dentro Bagdad.Entrati che fummo ci accolse uno spettacolo mai visto,con giardini pensili,ricchi palazzi e torri svettanti ovunque.Bohemond rimase così abbagliato a quella vista che si rifiutò di radere al suolo tanto splendore,ma saccheggiò avidamente il tesoro suscitando gran malcontento nella popolazione.
Philip,nel frattempo,era sbarcato sulle coste dell'Anatolia e,dopo aver sbaragliato una debole guarnigione,metteva sotto assedio Iconio,roccaforte turca sul versante occidentale.Conquistarla avrebbe significato infliggere un colpo mortale al nemico che però tentava il riscatto assaltando Adana...



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"Lasciate che i miei eserciti siano le rocce, gli alberi e i pennuti nel cielo", Carlo Magno