Strategie di battaglia

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-Quintus-
00martedì 22 febbraio 2005 10:46
Ciao a tutti sono nuovo e gioco a RomeTW da una settimana circa, volevo sapere le vostre strategie di battaglia per perfezionare la mia.[SM=x535685]

In prima linea schiero Gli Hastati di solito 5 coorti affiancate, in seconda linea i Principi (solidi come roccia[SM=x535685]) come supporto e in terza linea i Triari per le situazioni veramente crtiche.Gli equiti o la cavalleria pesante nelle ali cosicchè possano aggirare l'esercito nemico e falciare le retrovie nemiche dove di solito c'è il generale, oppure effettuare la tecnica "Incudine martello" tecnica macedone che consiste nell'aggirare l'esercito nemico e attaccarlo alle spalle (martello) in modo da spingerlo verso i legionari schierati (incudine).
Gli arcieri e i veliti li uso prima di effetturae tutto ciò per sfiancare l'esercito prima dello scontro e per creare buchi tra i ranghi.I mastini non sono ancora riuscito a capire come possano essere usati, me li ammazzano tutti[SM=x535696]
Queste tecniche ovviamente funzionano molto bene contro i Galli, i Germani, gli Iberici e altri barbari.

Qualcuno può consigliarmi come sterminare facilmente gli elefanti Cartaginesi[SM=x535715] ?????

LunaRossa Vinsitor
00martedì 22 febbraio 2005 11:43
ciao benvenuto
x gli Elefanti, usa i veliti e le frecce incendiarie.

La tattica che usi va bene, solo che tre linee (stile Roma pre-Maio) sono un po' inutili, mettili tutti su una linea in unità da 4/5 file e tieni una piccola riserva (1/2 unità, anche di cav) per tappare i buchi.
-Quintus-
00martedì 22 febbraio 2005 12:04
Una linea dici?non c'è pericolo che i ranghi in qualche punto possano cedere?Magari in seguito ad una carica di cavalleria?
Zoccolona
00martedì 22 febbraio 2005 13:13
sara' che io sono patito delle falangi e uso quasi solo popoli greci...
faccio fronte compatto di falangi(almeno 7) schierate in almeno 6 file.dietro o davanti a seconda del nemico 6 arcieri o 4 arcieri e 2 peltasti (ma solo se ben upgradati) e il resto cava in gruppi di tre per fare l'incudine e il martello o per scacciare tiratori. dietro lascio il generale e una o due cava per contrastare gli aggiramenti.se usi i selucidi sono ottimi i carri sciti, specialmente all'inizio fanno sfracelli.

se invece ti cimenti con parti o sciti puoi contare solo sulla cava e arcieri a cavallo.

con gli armeni arrivi anche ad addestrare i legionari che sono buoni, specialmente coi catafratti che coprono.
LunaRossa Vinsitor
00martedì 22 febbraio 2005 17:03
Re:

Scritto da: -Quintus- 22/02/2005 12.04
Una linea dici?non c'è pericolo che i ranghi in qualche punto possano cedere?Magari in seguito ad una carica di cavalleria?



Intendo le unità disposte su un'unica linea. Le singole unità saranno poi profonde 4/5 file.
Se non vuoi sfaldare lo schieramento una volta in mischia o non vuoi che le unità inseguano, metti "modalità presidio".
Se una linea si sfalda ci mandi la riserva.

Se mettessi la fanteria che hai a disposizione su tre linee, ridurresti di molto il fronte d'attacco e verresti accerchiato più facilmente.
RedBaronRB
00martedì 22 febbraio 2005 20:25
Mi sa che i veliti non sono un gran che... a mio parere sono uno spreco di tempo, spazio e denaro... penso siano meglio gli arcieri...

Gli hastati sono un pochino fragili... meglio se li elimini e ti dai ai principi...

Un alternativa contro gli elefanti dovrebbe essere quella di allargare i ranghi mentre caricano (così colpiscono meno soldati) e poi, quando sono in mezzo alle tue linee richiuderle di colpo... in modo che si trovino completamente circondati da legionari e si trovino costretti a combattere in mischia, senza poter tornare alla carica (che è più devastante...)
Questa tattica dovrebbe funzionare bene (anzi, ancora meglio) contro le bighe...

Saluti
RedBaronRB
-Quintus-
00martedì 22 febbraio 2005 20:58
Non male come idee.Gli Hastati non sono molto resistenti però essendo unità di fanteria leggera possono attaccare con i Pilum, sicuramente servono per creare scompiglio nelle file nemiche e magari sfoltire un pò i ranghi.
I Veliti non sono male però hanno la pecca di avere i giavellotti limitati, anke se non ho mai creato danni considerevoli.
Certo che gli elefanti sono proprio tosti, per contrastarli uso per di più i Triari.I ranghi dei Principi non devono cedere li tengo sempre compatti, li faccio avanzare per schiacciare definitivamente il nemico.
matinum
00giovedì 24 febbraio 2005 20:52
[SM=x535710] [SM=x535710] i veliti sono inutilissimi e scarsissimi!!!come pure i peltasti: a meno che non lanci contro contadini e altre unita' senza alcun armatura,ogni unita' di veliti riesce ad ammazzare solamente 5-6 uomini!![SM=x535710] in mischia sono inesistenti!io non li addestro piu' tranne a inizio campagna.la cosa che piu' mi fa inca....re e' che l AI la continua ad addestrare anche in campagna inoltrata,invece di addestrare pretoriani!!sto usando i seleucidi e sto maciullando i valeri,che si presentano con legionari e ridicoli veliti o ausiliari....[SM=x535715] [SM=x535715] [SM=x535715]
JanusMartialis
00sabato 26 febbraio 2005 10:35
Sinceramente quando mi trovo dei veliti li uso solo per attaccare inizialmente il nemico in modo da fargli spendere frecce e fare qualche dano o per attirare le unità di nemici più facinorosi (vedi quelli che possono caricare spontaneamente) in modo da scompaginarne le fila, dopodiché li ritiro dietro le mie truppe di seconda linea e li sposto sui fianchi per usarli di nuovo in mischia come forza di aggiramento (se tirano pila alle spalle dell'avversario e poi caricano sono moolto più efficaci).
In questo modo possono anche fare da forza di cuscinetto in caso non possa bloccare con la mia cavalleria un tentativo di aggiramento avversario. Comunque non ne uso mai più di due unità.
Sebastiano Ferrero
00sabato 26 febbraio 2005 16:07
Sono l'unico che ritiene che al massimo due unità di schermagliatori con giavellotti siano abbastanza utili?
RedBaronRB
00domenica 27 febbraio 2005 14:45
L'ultima volta che ho affrontato i Corneli la metà delle loro truppe erano composte da veliti... (6 coorti di veliti in un esercito da 14 unità...) beh... io avevo 8 unità di cavalleria... non ho avuto troppi problemi....[SM=g27829]

Gli schermagliatori proprio non mi ispirano... preferisco decisamente gli arcieri...

Contro gli elefanti vanno anche bene le falangi....

Saluti
RedBaronRB
JanusMartialis
00mercoledì 2 marzo 2005 23:58
No Seb, ritengo però che siano da considerarsi truppe di seconda scelta perché più limitate nell'utilizzo a causa della corta gittata e della scarsa protezione oltre che della bassa capacità di attacco in mischia. Tuttavia, se ben integrate nell'esercito e "skillate" possono essere molto utili benché risultino sempre essere truppe difficili da gestire (sbaglia un'attimo a manovrare e saranno decimate da frecce, cavalleria o unità più pesanti).
Hanno dalla loro una buona velocità il che ne fa un'ottima unità di supporto ma diciamo che se ne può anche fare a meno senza grossi danni...
matinum
00sabato 12 marzo 2005 21:14
scusate l'ignoranza in campo di strategia: ma mi spiegate meglio in che consiste la tattica incudine-martello??
per quando riguarda gli hastati,bhe direi che sono un bel po' fifoni!! contro la fanteria leggera dei galli vanno sempre in rotta , a meno che non sono upgradati o in numero di molto superiore!
ma le unita' barbare in generale hanno morale piu' alto delle altre fazioni?saranno piu' fanatici?
LunaRossa Vinsitor
00sabato 12 marzo 2005 21:19
Re:

Scritto da: matinum 12/03/2005 21.14
scusate l'ignoranza in campo di strategia: ma mi spiegate meglio in che consiste la tattica incudine-martello??



Era la tattica rivoluzionaria inventata da Filippo e suo figlio Alessandro Magno (e poi molo tempo dopo ripresa dai Cartaginesi con Amilcare e Annibale), che consisteva nello "schiacciare" il nemico tra la falange (incudine) e la cavalleria che attaccava da dietro (martello)
Santelia.
00martedì 19 aprile 2005 21:48
Posso aggiungere qualcosa?
Vorrei aggiungere qualcosa che tenti - e ripeto "tenti" - di approfondire un po' la materia senza sconfinare nel trattato noioso. Ci provo qui, ma per la mole di quel che c'è da dire - pur in estrema sintesi - lo dividerò in puntate (non mi viene un termine più attraente!).

Se non prevedete già di addormentarvi, parto con la prima puntata.

Le tattiche base in battaglia degli eserciti dell'antichità si sono modificate più volte nel corso dei secoli, in particolare nell'arco temporale che interessa RTW.

Provo quindi a farne una brevissima sintesi, del tutto incompleta, ma spero utile per godersi meglio RTW.

Tralasciamo le tattiche ittite e pre ittitiche (antico Egitto incluso). Non ci interessano, non è un periodo cui il gioco si riferisca. Ci basti sapere che inventarono l'uso dei carri da guerra così come li troviamo nelle civiltà orientali di RTW.

Partiamo dunque dalla Grecia.
Tutte le città stato (come Atene, Sparta, Corinto, Tebe, giusto per citare quelle storicamente più rilevanti) mandavano in battaglia eserciti non "professionistici" di cittadini. L'esercizio delle armi non era per nessuno un'occupazione a tempo pieno, e gli eserciti che si affrontavano erano fatti di cittadini medio-abbienti che abbandonavano temporaneamente le proprie attività per il supremo interesse della città. Fa eccezione Sparta, ove la rigida suddivisione in classi vedeva una minoranza al potere - gli Spartiati - i cui membri maschi si dedicavano sin da piccoli all'affinamento dell'arte guerriera e costituivano quindi una classe di soldati dalla capacità e resistenza straordinariamente maggiori rispetto a quelle dei soldati di tutte le altre città stato. Torniamo agli eserciti cittadini. Essi venivano costituiti e mantenuti per brevi periodi (primavera-estate) con dotazioni di armi il cui costo era sostenuto da ogni singolo soldato. La "panoplia" - ovvero il set di armi da difesa e da offesa - comprendeva elementi standardizzati ma comunque costosi: un grosso scudo (appunto "oplon"), una lancia di poco più di 2 metri, una corta spada, una eventuale corazzatura (i tipi variano a seconda del periodo, della città, della capacità di spesa del singolo cittadino, e vanno dal lino spesso, al cuoio, alla rara maglia metallica o più frequentemente piastre metalliche, alla corazza in due conchiglie anatomiche davanti e dietro tipiche dei filmacci di serie B, ma molto rare perché molto costose, scomode e pesanti), spesso dei gambali di cuoio o metallo, e quasi sempre un elmo. Non entro nemmeno nella trattazione sui vari tipi di elmi. Da sola meriterebbe un romanzo. Tornando alla panoplia, la dotazione a cura dei singoli faceva sì che un esercito cittadino fosse caratterizzato da una varietà di livree e di aspetti, pur nella sua complessiva omogeneità strutturale.

Orbene - se non vi siete addormentati - questi eserciti utilizzavano tattiche estremamente statiche. Poiché le città stato sorgevano in territori costieri o comunque scoscesi e montuosi (monti di roccia e sassi, con coltivazioni a terrazze, mica dolci colline senesi), i quadrupedi più allevati erano capre, pecore ed asini. Va da sé che i cavalieri fossero cosa assai rara. Ancor di più trattandosi in genere di cittadini (mercanti, marinai, artigiani, politici, scrivani, etc. etc.). Quindi uso minimo di cavalleria (non ce n'era quasi, e non partecipava allo scontro principale). Le truppe venivano schierate in ranghi lineari su più righe, con i soldati allineati fronte al nemico, l'uno a fianco all'altro, tenendo con il braccio sinistro il grande e pesante scudo e puntando la lancia in avanti in orizzontale con la destra. I ranghi si serravano - braccio destro contro lo scudo del vicino più a destra - così da ripararsi il più possibile, anche reciprocamente, ed in questa formazione si marciava contro il fronte nemico. Si marciava lentamente, a passi singoli e cadenzati (nulla che assomigli ad un'avanzata veloce), fronte verso fronte, sino a venire a contatto. Gli scudi paravano i colpi di lancia vibrati dal nemico (le lance non venivano scagliate, ma vibrate più o meno orizzontalmente), e contro il nemico si vibravano i propri colpi. Insomma, la falange di opliti.

Quasi nessuna tattica creativa movimentava la battaglia. Piuttosto, piccoli squilibri nelle forze (il numero di righe, l'estenzione in larghezza del fronte, la forza e la capacità dei soldati schierati, dardi scagliati da dietro la falange) decidevano il prevalere di un fronte sull'altro. Quando un fronte arretrava, la battaglia si trasformava in una vittoria per l'altro. Raramente erano massacri.

Nelle guerre persiane, in breve, le falangi cittadine greche ressero l'urto con le mobili ma più leggere schiere persiane, avendo i generali greci la capacità (e questa è strategia) di portarle in teatri di battaglia dove la mobilità era inutile e l'aggiramento precluso.

Dopo le guerre persiane, l'ateniese Ificrate aumentò la lunghezza della lancia a circa 4 metri (le fonti, le fonti! non ce n'è una che concordi: c'è chi scrive 3 metri e 1/2 e chi più di 4!), diminuì il diametro dello scudo a 50 o 60 cm (sovente ovale), e raddoppiò la lunghezza della spada: chiamò "peltasti" questa nuova fanteria. Avevano un vantaggio di un metro sugli opliti tradizionali, ed infatti furono vittoriosi. Anni dopo, lo stesso Ificrate avrebbe reso celebri altri "peltasti", a quel punto divenuti fanteria leggera da schermaglia, portandoli a vincere nella guerra del Peloponneso (e di nuovo si passa dalla tattica alla strategia).

Tra Greci e Greci, tutto resta invece - di fondo - tatticamente uguale fino al 371 a.C., quando lo "strategòs" tebano Epaminonda rinforza in modo asimmetrico la propria falange, aumentandone enormemente la profondità solo su un lato, così da trasformarla in un elemento di pressione insostenibile contro il fronte nemico. Diverrà nota come "ordine obliquo". Sfonda. E vince. E' la battaglia di Leuttra. Tebe sconfigge in campo aperto l'esercito spartano. E' la prima volta nella storia della Grecia che gli Spartani vengono battuti in campo aperto da una falange. Per la cronaca, Epaminonda vincerà di nuovo a Mantinea, 9 anni dopo. Morendo sul campo.

Quindi, semplificando, la tattica della falange oplitica è talmente statica che basta gonfiarne la profondità su un lato per vincere una battaglia contro i migliori soldati dell'Ellade. Peccato che RTW non consenta l'ordine obliquo.

What's next, then?
Un giovane principe macedone, ostaggio a Tebe, ebbe modo di studiare e comprendere la lezione di Epaminonda e del suo ordine obliquo.

Il suo nome era Filippo. Tornato in Macedonia, paese agricolo di pianure e colline, con ordinamento sociale del tutto dissimile da quello delle poleis greche, Filippo riprodusse la falange tebana, aggiungendovi 4 elementi di vero genio:

1) i suoi soldati non erano abbienti cittadini ma agricoltori qualunque; Filippo si fece quindi carico del loro equipaggiamento, introducendo un armamento standard pagato dal re ed uguale per tutta la falange, con conseguente garanzia della qualità e delle caratteristiche dell'armamento.

2) i contadini non brillavano per ardore patriottico e spirito di sacrificio; per tenerli lontani dalle punte delle lance nemiche, Filippo aumentò quindi la lunghezza delle lance dei suoi falangiti, inventando la "sarissa", lunga dai 5 ai 6 metri (dai 12 ai 14 cubiti!): una vera "picca".

3) la lunghezza della sarissa richiedeva di impugnarla a due mani, cosa incompatibile con il peso e l'ingombro dell'"oplon"; Filippo introdusse quindi l'uso di uno scudo più piccolo, agganciabile all'avambraccio sinistro e soprattutto dotato di una cinghia per appenderlo al collo liberando del tutto le braccia destinabili così solo alla sarissa.

4) la forza della falange non poteva risiedere nel vigore e nel coraggio del singolo contadino, ma nella pressione complessiva che era in grado di sviluppare in avanti, lentamente ma costantemente; Filippo aumentò quindi la profondità a 16 righe (16 uomini di profondità costituivano un "sintagma"), sfalsando tra loro gli allineamenti, consentendo così alle prime 5 righe di affiancare orizzontalmente in avanti le proprie sarisse, e puntando obliquamente in alto quelle delle righe successive (una foresta di picche che fermava in parte i dardi nemici); 16 file di 16 righe costituivano un reparto base; l'intera falange veniva allineata in 6 o 7 reggimenti affiancati (le "taxeis"). I falangiti furono detti "pezeteri". Il risultato fu un fronte ineguagliato irto di punte come mai prima, relativamente mobile, con una potenza di pressione senza eguali.

Mancava un quinto elemento per rendere straordinaria questa macchina bellica. Ed il quinto elemento venne ancora concepito in armonia con la natura della Macedonia, terra di cavalli e cavalieri. Filippo costituì infatti una potente cavalleria nobiliare, motivata perché elitaria e denominata "compagni" (gli "etairoi"), mobilissima e pesantemente armata, con il compito di muoversi lateralmente alla falange, agire come un maglio contro i fianchi delle formazioni nemiche, aggirarle e spingerle contro l'incudine imbattibile della sua falange.

Ultimo, ma non da meno, Filippo impiegò stabilmente corpi di fanteria leggera e mobile, armata di un piccolo scudo, elmo e spada curva (gli "agrianos") o corta lancia (gli "ispapisti"), con il compito di proteggere lateralmente la falange, ma all'occorrenza anche con ruoli di aggiramento e inseguimento. Un battaglione di ispapisti diverrà la guardia del re sotto Alessandro (l'"agema).

Insomma, un formidabile mix di massiccio fronte falangitico, duttile fanteria leggera e poderosa cavalleria. La potenza macedone era nata. E avrebbe sbaragliato ogni esercito oplitico che le si fosse opposto. In tessaglia, in Tracia nonché e Cheronea. Fu proprio a Cheronea che un giovane principe, di nome Alessandro, diede la prima prova di sé.

Fine della prima puntata...

[SM=x535700] [SM=x535700] [SM=x535700]
LunaRossaFalco
00mercoledì 20 aprile 2005 00:41
Ti voglio bene Santelia[SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27835]
Ma se non citi almeno tre fonti ti cito io in tribunale[SM=g27824]
Santelia.
00mercoledì 20 aprile 2005 09:12
qualche fonte...
Hai assolutamente ragione, Falco.

Le fonti per capire meglio strategie e tattiche greche nei secoli che ci interessano sono sempre le stesse:

si va da Erodoto (greco, Storie, sulla guerra persiana; molto coinvolto e parziale, contemporaneo dei fatti da lui trattati), a Tucidide (greco, Storie, sulla guerra del Peloponneso ovvero Atene contro Sparta; visione scientifica ante litteram, laica, ottima statura di storiografo, contemporaneo anch'egli ai fatti da lui trattati, e per di più stratega della flotta ateniese), a Senofonte (greco, l'Anabasi, ovvero la spedizione di 10.000 mercenari greci in Asia minore al soldo di Ciro, culminata in sconfitta e lunga ritirata; molti particolarismi, partecipo' alla spedizione, visione un po' cronistica e certo non scientifica ), a Diodoro Siculo (greco ellenistico, la Biblioteca Storica, redatta all'epoca di Giulio Cesare e quindi non contemporanea; summa storica non lineare, mescola cronaca, leggenda, mito, filosofia, ma cita in esplicito molte fonti, e spesso non abbiamo altro per il 4° secolo), e Cornelio Nepote (latino, de Viribus Illustribus, in particolare il libro De excellentibus ducibus exterarum gentium, biografie di condottieri non romani; storico mediocre ma ulteriore confronto con altre fonti). Potremmo aggiungere Plutarco (greco, 2° secolo d.C., le Vite Parallele, una mutibiografia con 4 vite singole e 20 confronti tra un greco ed un romano, con personaggi come Lisandro, Temistocle, Epaminonda, Alessandro, Annibale, Silla, Cesare, Traiano; filosofia morale, aneddotica, citazioni e rivisitazioni di fonti, buona pasta di scrittore).

Devo scappare in riunione. Magari ci ritroviamo qui stasera: "sapientis est sibi post laborem iustum indulgere otium"... ("indulgere" (concedere) regge il dativo, "sibi") l'ho inciso molti, mooolti anni fa sul legno della mia amaca! Ciao a tutti.

[SM=x535700] [SM=x535700] [SM=x535700]
Juza7
00mercoledì 20 aprile 2005 15:28
mazza se me lo sono letto tutto d'un fiato! [SM=g27835]
complimenti, aspetto il prossimo episodio! [SM=x535690]
PhoinixJaval
00mercoledì 20 aprile 2005 16:54
grazie Santelia, è stata una goduria leggerlo [SM=g27811] [SM=g27812] [SM=g27813] [SM=x535693] spero che ne aggiungerei presto altre [SM=x535711]
LunaRossa Caesar
00mercoledì 20 aprile 2005 21:11
Grande Santelia
Ho letto tutto con piacere.
Davvero bravo.[SM=g27811]
LunaRossaFalco
00giovedì 21 aprile 2005 22:13
Un vero piacere leggerti Santelia. E grazie per le fonti. [SM=g27823]
A presto per la prossima parte...
Pretoriano-
00venerdì 22 aprile 2005 16:08
Se vi puo interessare.............
riporto qui un vecchio post che avevo scritto tempo fa sulla Legione Romana anche se credo che già molti ne conoscano la storia sempre meglio un ripasso. Non me ne voglia Santelia.
Incomincio:

La nascita della Legione romana
La legione romana costituita con la riforma serviana, era formata da 60 centurie di fanteria di linea (iuniores), dalla fanteria leggera (velites) e dalla cavalleria. L'esercito fu poi sdoppiato in due legioni, forse con l'istituzione della dualità consolare, ogni legione ebbe, rispetto a quella unica, gli effettivi dimezzati, pur conservando gli stessi quadri (3000 fanti su 60 centurie, invece dei 6000). La legione anticamente combatteva a falange; nella prima fila i principes, meglio armati, e dietro ad essi gli hastati; ben presto però fu ordinata su tré linee distanziate: nella prima gli hastati (1200), i più giovani; nella seconda i principes (1200), gli uomini di media età, nella pienezza delle forze e dell'esperienza; nella terza i triarii (600), i più anziani. Le centurie (di 60 uomini per le due prime linee e di 30 per la terza), riunite tatticamente due a due, formarono per ogni linea 10 manipoli. Il manipolo ebbe due capi centuria, di essi il più anziano comandava la centuria di destra e l'intero manipolo; a ogni manipolo facevano parte inoltre 40 veliti. Alle ali dello schieramento di una o due legioni si disponeva la cavalleria.

Gli ufficiali superiori delle legioni erano i tribuni militium, originariamente capi di contingenti forniti dalle tré tribù romane, saliti da tré a sei, che potevano essere incaricati dal console di funzioni tattiche, ma che normalmente sovrintendevano al servizio interno e comandavano collegialmente la legione a turni mensili di due per volta. Con la II guerra sannitica, nell'intento di far fronte a situazioni eccezionali, si creò una terza legione intorno al 310 a. C. Le legioni furono cosi stabilmente portate a 4, due per console. I contingenti alleati si schierarono alle ali. La mobilitazione, il congedo, la ripartizione delle legioni erano ogni anno stabiliti dal senato. Ancora all'epoca di Polibio era ritenuto normale il numero di 4200 fanti per legione, ma salì, al tempo di Mario a 6200, poi fu abbassato tra 4 e 5000. La coorte, composta di tré manipoli, appare già con Scipione l'Africano e diviene con Mario l'unità tattica elementare, 10 coorti formavano la legione. Dopo la guerra sociale del 90-80 a. C., ammessi ormai gli alleati alla piena cittadinanza romana, non ebbero più ragione d'esistere le ali degli alleati; l'esercito fu costituito da parecchie legioni con auxilia di fanteria leggera e cavalleria non cittadine.

La riforma di Mario
Caio Mario aveva raccolto il suo esercito per la spedizione in Africa, durante la guerra Giugurtina, affidandosi all'arruolamento volontario. Questo era il primo atto di una più vasta riforma militare che il console riuscì a portare a compimento attorno al 104 a.C.

Fino ad allora, l'esercito romano era stato una sorta di guardia cittadina: i soldati erano reclutati in base a un censo minimo fra la vasta popolazione contandina e terminata la campagna ritornavano alle loro occupazioni pre-belliche. Gli schieramenti sul campo di battaglia risentivano di questa organizzazione, l'esercito era solitamente schierato su tre linee: gli astati (fanteria popolare dotata di asta), i principi e i triari. Ovviamente, fra le tre file, i meno addestrati erano i contadini astati, che costituivano il grosso dell'esercito.

L'esercito di Mario era invece reclutato su base volontaria e non attingeva solo ai cittadini romani al limite di censo, ma anche alle popolazioni italiche alleate e ai proletari nullatenenti. I soldati erano così maggiormente vincolati alla loro paga e alla spartizione dell'eventuale bottino di guerra, il loro addestramento era più severo e più uniforme, indipendentemente dalla classe di provenienza.
Dalla divisione in astati, principi e triari, si passò allo schieramento fondato sulla coorte. Una coorte era formata da 600 uomini, suddivisa in 3 manipoli da 200 uomini, a loro volta formate da due centurie da 100. Una legione era formata da 10 coorti (6.000 uomini). Inoltre furono istituiti corpi scelti e altamente specilizzati, utilizzando le capacità delle popolazioni locali (ad esempio, gli arcieri delle Baleari).

Fu migliorato anche l'equipaggiamento. La fanteria fu dotata di pilum (un giavellotto leggero), in sostituzione dell'asta, e di gladio (spada corta a doppio taglio e da punta) e di un pugnale. La difesa era affidata ad uno scudo rettangolare ricurvo, mentre dopo le guerre con i Cimbri e i Teutoni si cominciò a fare uso delle spalliere in metallo.

I legionari vennero chiamati anche "muli di Mario", poiché portavano sulle spalle uno zaino in cui si trovava una sorta di dotazione di sopravvivenza (trovata rivoluzionaria ai tempi) e poiché erano spesso sottoposti a marce di addestramento e a lavori campali (nel gergo odierno si direbbero lavori da "genieri"). In questo modo le truppe erano costantemente occupate e preparate alla battaglia evitando così la possibilità di pericolosi rilassamenti fisici e mentali.

La riforma, oltre che a rafforzare la macchina da guerra romana, sortì un effetto particolare forse non del tutto previsto da Mario: con la specializzazione dell'esercito e la promessa del bottino di guerra, gli eserciti si vennero a legare sempre di più alla figura del proprio comandante, che poteva disporre così di un gruppo di uomini armati fedeli e allettati dalle promesse di bottino e di gloria, aspetto che di fatto indebolirà sempre di più il potere civile in favore di quello militare (la storia imperiale è infatti storia di generali diventati talmente potenti da cancellare il potere della classe senatoriale).

Le Legione nel tardo impero
Le legioni romane, che durante le guerre civili erano salite a 45 circa, alla morte di Augusto erano 25 (durante l'Impero furono di solito intorno a 30). Augusto volle che fossero composte di cittadini romani, lasciando ai provinciali e ai federati la funzione di auxilia; ma già con Vespasiano gli effettivi inclusero dei provinciali e con Adriano il reclutamento avveniva quasi per intero nelle regioni in cui le legioni avrebbero preso stanza. L'età minima del legionario era normalmente di 17-20 anni, il servizio sotto Augusto durò dapprima 16 anni, poi 20, dopo la sua morte si abbassò dapprima 16, quindi di nuovo 20 anni. La legione ebbe da Augusto un comandante permanente col titolo di legatus (Augusti) legionis, solitamente un senatore di rango pretorio.

Sulle insegne, oltre all'aquila, che da Mario in poi fu l'emblema sacro di ogni legione, erano riprodotti animali, simboli di divinità protettrici. Le legioni furono distinte anticamente con un numero variabile d'anno in anno, a seconda del posto assunto; ed ebbero poi (ufficialmente nell'età imperiale) nomi di varia origine: da divinità (Apollinaris, Martia); da località in cui si erano distinte (Gallica, Macedonica); nomi onorifici (pia, fidelis, constans); il nome imperiale aggettivato (Commodiana, Severiana), o altri nomi di incerta spiegazione (Ferrata, Rapax), ecc. Diocleziano e Costantino divisero le forze armate in esercito di campagna (truppe palatinae, della guardia imperiale; comitatenses, del comitatus dell'imperatore) ed esercito confinario (truppe riparienses, limitaneae). Nel 5° sec. si ricordano 175 legioni, ma esse sono ridotte di numero e d'importanza. La legione romana era un esempio perfetto di cooperazione, nel campo tattico, tra le varie armi. I velites manovrando in mezzo ai manipoli preparavano l'attacco; il primo urto col nemico era riservato agli hastati, i principes, meglio armati, dovevano intervenire nel prosieguo della azione; i triarii costituivano infine le riserve, che venivano fatte intervenire nella lotta soltanto in caso di bisogno.


Spero vi sia piaciuto.
LunaRossa Caesar
00venerdì 22 aprile 2005 21:00
Bello.
Io mi ci perdo sempre in sti numeri.
Min chiedo coem facessero a ricordarsi di che manipolo/linea/centuria/ala/Legione fossero quei poveri soldati.
Grazie.[SM=g27811]
Juza7
00venerdì 29 aprile 2005 12:22
goduria... [SM=x535690]

Santelia.
00venerdì 6 maggio 2005 09:08
x pretoriano
Un ricco post con dovizia di nozioni ed un lessico molto serio.

Su alcuni punti che introduci, pertanto, ti tocca qualche quesito.
Partiamo?

- quali erano le tribù in cui erano divisi i Romani, e che cosa si dividevano?
- chi divise i cittadini in classi, e quante erano?
- come erano misurati i limiti di censo delle classi?
- qual era il limite di censo per l'arruolamento pre-mariano? (sai dove stia scritto nelle fonti?)
- qual è la causale socio-politica della riforma mariana?
- in quale libro delle Storie Polibio parla di 4200 effettivi?

(Calma ragazzi. Un po' di Google e si risolve tutto... prenderò un guanto in faccia, lo so...)

[SM=x535700] [SM=x535700] [SM=x535700]
Petit 23
00venerdì 6 maggio 2005 11:25

Dalla divisione in astati, principi e triari, si passò allo schieramento fondato sulla coorte. Una coorte era formata da 600 uomini, suddivisa in 3 manipoli da 200 uomini, a loro volta formate da due centurie da 100. Una legione era formata da 10 coorti (6.000 uomini). Inoltre furono istituiti corpi scelti e altamente specilizzati, utilizzando le capacità delle popolazioni locali (ad esempio, gli arcieri delle Baleari).



Non mi risulta che fossero dotati di arco, in realtà i corpi ausiliari delle Baleari erano costituiti grosso modo da frombolieri (una specie di fionda che scagliava piccole sfere di piombo e la cui gittata era impressionante).
Giusto per dimostrarti che ho letto con attenzione il tuo contributo.[SM=g27835]
LunaRossaFalco
00venerdì 6 maggio 2005 19:57
Mi piacciono 'ste cose [SM=g27823]

quali erano le tribù in cui erano divisi i Romani, e che cosa si dividevano?


Nei primi tempi della loro storia i Romani erano divisi in tre tribù (tribus): Ramnes(Latini), Tities(Sabini) e Luceres(Etruschi). Le tribù si costituirono originariamente, come vuole un'opinione pubblica assai plausibile, su base etnica, ma c'è chi pensa che si formassero in base al diverso luogo di insediamento: certo ben poco si sa della loro eventuale funzione politica.


chi divise i cittadini in classi, e quante erano?


Agli inizi del VI secolo a.C divenne re di Roma Servio Tullio. A lui si devono due importanti riforme dello Stato. Innanzi tutto, egli abolì le tre tribù tradizionali (Ramnes, Tities e Luceres e divise la popolazione di Roma e delle campagne circostanti in tribù territoriali.
Appartenere a una tribù non dipendeva quindi più dall' essere discendenti di una certa stirpe, ma dal fatto di vivere in un determinato territorio. Da allora il popolo romano si riuniva nei comizi tributi, seguendo il criterio della appartenenza alla tribù. Tali comizi votavano i plebisciti ed eleggevano alcuni magistrati minori.
La seconda fu una riforma sia tributaria che militare. Furono istituite cinque classi in base al censo; ogni classe doveva contribuire a formare 1'esercito, in proporzione al proprio reddito, con alcune centurie. L'insieme delle centurie costituiva un' altra forma di assemblea del popolo: i comizi centuriati, che esercitavano funzioni giudiziarie e legislative.


come erano misurati i limiti di censo delle classi?


In JUGERA di terreno.
La classe inferiore, la quinta, era quella composta da propietari terrieri con due/due e mezzo iugera di terreno. La quarta ne doveva possedere cinque, la terza dieci, la seconda quindici e la più eminente almeno venti.
Esisteva anche una sesta classe formata da coloro i quali possedevano proprietà immobili troppo minuscole per garantirsi l'accesso alla quinta classe. Essi erano registrati "per testa" e detti appunto CAPITECENSI o anche PROLETARII.(E' interessante l'analogia con la riforma costituzionale di Solone avvenuta nel 590 a.C.)
Più tardi l'ammontare per ognuna delle classes andò dai 100.000 asses della prima classe agli 11.000 asses della quinta. Tali cifre, calcolate in monweta, rappresentano il tentativo fatto da generazioni posteriori di tradurre le originarie distinzioni patrimoniali in valori monetari (la moneta fu quella di bronzo che prima non esisteva)


qual era il limite di censo per l'arruolamento pre-mariano? (sai dove stia scritto nelle fonti?)


Mi sa che ti ho risposto qui sopra. Per le fonti...[SM=g27833] [SM=g27833] [SM=x535682] [SM=g27833] [SM=g27833]


qual è la causale socio-politica della riforma mariana?


Le guerre puniche e le guerre combattute in regioni lontane nel corso del II secolo a.C., allontanando dalle loro terre per lunghi periodi di leva i piccoli e medi proprietari che formavano il nerbo dell'esercito romano, portarono alla crisi della piccola e media proprietà e alla diffusione del latifondo coltivato da schiavi e, soprattutto, alla diminuzione del numero di adsidui, di coloro, cioè, che avevano il censo sufficiente per rispondere alla leva.
Le riforme di Tiberio e Caio Gracco ebbero come scopo principale quello di ricostruire la piccola proprietà mediante la redistribuzione dell'agro pubblico, che era dello Stato ma in possesso a privati. Il fallimento di queste riforme e l'inconsistenza del rimedio a cui si preferiva ricorrere abbassando progressivamente il censo minimo richiesto per la quinta classe e ricorrendo, in caso di emergenza, a leve di nullatenenti e di schiavi spiegano la riforma di Mario e la creazione di un esercito professionale e volontario, che è alla radice della caduta della repubblica e dell'avvento dell'impero.
Con la decisione, presa nel 107 da Mario al tempo della guerra giugurtina, di invitare all'arruolamento i proletarii, cioè coloro che avevano mezzi solo per allevare la prole, e i capite censi, cioè coloro che potevano solo pensare a se stessi, si abolì la barriera censitaria e si posero le basi della "rivoluzione romana".


in quale libro delle Storie Polibio parla di 4200 effettivi?


Libro VI

[SM=x535679] [SM=x535679] [SM=x535679]
LunaRossaFalco
00venerdì 6 maggio 2005 20:49
HO CREDUTO OPPORTUNO SPOSTARE QUESTA INTERESSANTISSIMA DISCUSSIONE, NELLA SEZIONE "ANNALES" VISTO E CONSIDERATO IL TONO DELLA STESSA.
GRAZIE PER LA PAZIENZA[SM=g27823]
LunaRossaFalco
00venerdì 13 maggio 2005 14:48
SCUSATEMI MA IN ECCESSO DI LABORIOSITA' E IN UNA CRISI DI DEMENZA SENILE, OLTRE CHE SPOSTARE QUESTO POST L'HO ANCHE CHIUSO. ACCORTOMI DEL MISFATTO LìHO RIAPERTO E ASPETTO LE CONSIDERAZIONI DI SANTELIA COME MANNA DAL CIELO[SM=g27823]
SCUSATE DI NUOVO[SM=g27819]
Pretoriano-
00venerdì 13 maggio 2005 20:57
La divisione romana in tribù è simile a quella Greca. In molte città era pratica comune dividere gli abitanti in base ai villaggi da cui provenivano, le tribù erano anche ciò che rimaneva degli antichi sinecismi. Da un punto di vista militare-politico resta storica la divisione per classi fatta da Solone nel 6 secolo in cui le persone venivano divise in base alla qunantità di iugere di frumento prodotte in un anno.

A quello che ha detto Falco posso aggiungere solo che Servio Tullio divise la popolazione romana in base al territorio, indipendentemente da criteri etnici o di nascita. La cittadinanza dipendeva dal luogo di residenza. In questo modo molti immigrati, mercanti, agricoltori etruschi o di altra provenienza poterono divenire cittadini romani, fedeli a Roma. Vennero definite 4 tribù urbane: Suburana (il Celio), Palatina, Esquilina, Collina. Il numero delle tribù extra-urbane, inizialmente 16, arrivò in seguito a 31. L'appartenenza ad una "tribù", basata sul domicilio, consentì lo sviluppo di un catasto per valutare i beni fondiari ed assegnare i cittadini ad una classe e fissare il tributum relativo.
Per quanto riguarda il campo militare il popolo romano fu diviso in cinque classi di cittadini/soldati in base al censo. Ogni classe forniva all'esercito un certo numero di centurie, gruppi di cento uomini. Nella prima classe, la più ricca, si reclutavano 18 centurie di cavalieri e 80 di fanti, Nella seconda, terza e quarta 20 centurie e nella quinta 30. Un sistema di tassazione proporzionale al reddito. Erano esentati dal servizio militare e dalle spese connesse i cittadini con un reddito molto basso (i capite censi). Le centurie all'interno di ogni classe si distinguevano in quelle formate da seniores (hastati), la riserva dei cittadini al di sopra di 46 anni, e quelle formate da iuniores (principes), i combattenti effettivi.
Naturalmente l'armamewnto variava da classe a classe in baase alla disponibilità finanziaria.
La prima classe era armata con elmo, scudo tondo, corazza e schinieri, lancia, giavellotto e spada.
La seconda classe era armata come la prima, ma senza corazza. Portava uno scudo più piccolo e allungato.
La terza classe aveva elmo e armi offensive.
La quarta classe aveva lancia e giavellotto.
La quinta classe aveva delle fionde.
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