Onore di famiglia
La mirabolante presa di Gand pose il regno dei Franchi, ancora modesto di dimensioni, al centro dell'attenzione europea.
Gli anni immediatamente successivi furono segnati da un parziale declino economico, causa la riorganizzazione dell'esercito e la costruzione di strutture nelle città, e da un pericoloso sbilancio in politica estera.
Il Roi de France, Louis VII, discendente di Ugo Capetingio, sebbene considerato un eroe dalla sua gente e nonostante la sua bravura in battaglia, era negli anni degenerato mentalmente, a causa di un'ignota malattia che gli ottenebrava la mente rendendolo irascibile e paranoico. Egli sosteneva la necessità di affiancarsi completamente al Sacro Romano Impero, non considerando però che di recente questi aveva stipulato un'alleanza con gli Aragonesi, che controllavano la roccaforte di Ais, sulla foce del Rodano, castello che la nobiltà francese intendeva conquistare per guadagnarsi uno sbocco sul mare, e che l'alleanza con Milano (proprio in funzione anti-aragonese) aveva provocato la scissione dell'alleanza con i Teutoni a causa dell'invasione della Lombardia ad opera di quest'ultimi.
Inoltre, il re voleva invadere immediatamente l'Inghilterra, invece di conquistare le città ribellatesi al potere capetingio.
Il fratello del re, Roberto il Grande, capiva che il monarca era ormai più dannoso che utile al regime, e che se non fosse stato fermato il reame sarebbe stato attaccato ad ovest dagli inglesi e ad est a tradimento dei tedeschi. Al re giunse notizia di una lettera di suo fratello spedito al principe ereditario Filippo in cui era ben descritto come i due progettassero una ribellione al potere, ma il re non vi fece caso e inviò anzi il figlio alla conquista di Lione nel 1164, con l'esercito riorganizzato dopo la presa di Gand.
Il principe obbedì di malavoglia, ormai pronto a ribellarsi apertamente all'autorità reale, ma Roberto il Grande, suo zio, propose invece di togliere di mezzo il re proponendogli di guidare lui stesso l'assalto al castello di Rodes, ad ovest di Lione.
La spia che riferì l'entità dell'esercito difensore al re fu corrotta, così che il monarca credesse i nemici fossero privi di cavalleria e che in battaglia sarebbero stati calpestati dai suoi 50 uomini della guardia personale.
Nel 1167, mentre Roberto il Grande attendeva a Parigi il compimento del suo piano e Filippo governava autarchicamente la città di Lione, giunse la notizia della totale disfatta dell'esercito alla rocca di Rodes. Il re era stato circondato dalla cavalleria nemica, l'assalto alle mura era fallito, i soldati si erano riorganizzati conquistando il cancello ed eliminando buona parte dell'esercito nemico, ma i cavalieri nemici riuscirono a mettere in fuga l'esercito francese. Dei 1150 uomini dell'esercito, solo 200 tornarono a Lione.
Il Re era morto, ma era morto pur sempre da eroe e cavaliere, e mentre il popolo piangeva quell'uomo un tempo valoroso, la nobiltà francese sospirava, sapendo che solo la morte del re aveva evitato la guerra civile.
Ora Roberto il Grande era pronto ad uscire da Parigi, creare un nuovo esercito grazie all'economia di nuovo in sesto e spazzare via i pochi ribelli rimasti a Rodes.
Nel 1168 la rocca fu espugnata a causa dell'enorme superiorità numerica dei franchi (solo 160 ribelli erano sopravvissuti all'assalto del fu Luigi VII), Roberto fu proclamato come eroe e vendicatore di suo fratello.
Frattanto, i rapporti con l'Inghilterra si deterioravano, e il regno di Castilla y Leon, alleato dei franchi, dichiarò guerra agli Inglesi per il controllo dell'Aquitania, mentre al nord la Scozia muoveva per attaccare Edimburgo
Roberto il Grande reagì prontamente: lasciò pochi soldati a Rodes e organizzò con il grosso delle truppe un'imboscata ad una divisione inglese, che fuggì ritirandosi verso Limoges. La guerra era iniziata.
Sempre su richiesta del nuovo re, un diplomatico inviò aiuti finanziari di circa 1000 fiorini all'alleato milanese che era entrato in guerra con Aragona.
Nel 1169, a sud di Limoges si combattè la prima battaglia campale importante per il Re. Questi aveva idee rivoluzionare per i combattimenti: per lui l'esercito era divisibile tra cavalleria e non-cavalleria, e seppe ben sfruttare la mobiltà dei suoi paladini, che massacrarono le retrovie nemiche mentre i miliziani parigini fronteggiarono i lancieri inglesi in prima linea. I cavalieri tagliarono poi la ritirata ai nemici attaccandoli da dietro.
La vittoria fu palese e consentì al fraticida Re di entrare vittorioso nella città, osannato dalla folla come un liberatore.
Frattanto, il fratello Pietro di Digione, molto meno ambizioso in fatto di successione ma comandante altrettanto valido, comandò una guardia di circa 400 uomini, perlopiù fanti di Parigi e Gand, contrò Rouen, città normanna sotto il controllo degli inglesi.
I pochi soldati nemici, circa 200 in tutto, perirono sotto i colpi del generale Capetingio, e dopo 150 anni la Normandia tornava al Re di Francia.
Nello stesso anno, il Papa, amico personale di Roberto il Grande, scomunicò su richiesta sua e dei re di Spagna e Scozia l'Inghilterra, i cui domini in Gallia si assottigliavano sempre di più
La Gallia nel 1166, alla vigilia della morte di Luigi VII
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